Da quando è cominciata l’emergenza del coronavirus è partito un circolo mediatico che ci somministra una dose esagerata di informazioni vere, false, verosimili o falsate che, almeno nelle intenzioni, dovrebbe anestetizzare l’opinione pubblica mondiale al fine di evitare, o meglio prevenire, ipotetiche ondate di panico che in realtà, almeno in Occidente, non si sono per il momento ancora viste.
In Cina, invece, per mantenere l’ordine pubblico, alle notizie vere, false, verosimili o falsate, hanno aggiunto anche le minacce governative di mettere in galera, o peggio, chi fa uscire dal paese informazioni al di fuori della censura o provare a rompere la quarantena. Da quando è scoppiata l’emergenza abbiamo sentito parlare tutti di tutto, giornalisti, politici, scienziati e dottori.
Le prime due categorie, giornalisti e politici, hanno parlato così tanto che nell’immensa quantità di parole, dette o scritte, hanno nascosto quanto poco sapevano o potevano provare a proposito dell’emergenza, mentre per quello che riguarda le seconde due, scienziati e dottori, bastava seguire con attenzione i loro interventi per capire che forse in quello che dicevano c’era un doppio messaggio.
Da una parte ogni loro parola era misurata e pesata, e dietro la facciata del non dire ciò che non si poteva dimostrare, poteva esserci il chiaro tentativo di non compromettersi, dall’altra, questo dire o non dire, oppure in questo dire a metà, hanno lanciato un messaggio subliminale che navigava su una rotta inversa. Poi, se questo è stato voluto oppure no lo sapremo solo vivendo. Eppure basandosi sulle loro esperienze questi scienziati, ai quali va tutto il nostro rispetto, avrebbero potuto osare un tantino in più anticipandoci quello che poi, forse, inevitabilmente, accadrà sempre più vicino a noi.
Mi rimane difficile credere che nelle mani o nei report che questi luminari hanno ricevuto e ricevono a flusso continuo da tutto il mondo, soprattutto dai centri dove i focolai della pandemia sta mietendo più vittime, non ci siano le previsioni a breve e a lungo termine o i possibili scenari di quello che a breve saremo, nostro malgrado, costretti ad affrontare. Ma si sa, anche gli scienziati tengono famiglia. La speranza è che almeno i governi abbiano informazioni complete e che stiano prendendo tutte le precauzioni necessarie affinché quello che sta accadendo a Wuhan, Dio non voglia, non accada a Parigi, Roma o Berlino.
Alla fine l’unica cosa veramente chiara che è rimasta dopo il passaggio di quel mare nostrum di informazioni che ci ha investito nell’ultimo mese e mezzo, spesso cambiate in corso d’opera, è che anche i numeri di ciò che sta accadendo non sono chiari come dovrebbero essere. E quando ci sono di mezzo i numeri non bisogna essere grandi scienziati per capire che due più due non fa cinque. In un mio recente articolo avevo spiegato perché la notizia della presenza di anidride solforosa nel cielo di Wuhan registrato da alcuni satelliti, non era stata accertata e che, anche se fosse stata vera, non provava che fosse il frutto di cremazioni di massa di cadaveri, cremazioni di massa che, comunque, sarebbero andate a cozzare con le cifre ufficiali dei decessi dovuti al Coronavirus.
Sono passati pochi giorni ed ecco che dalle maglie della censura cinese filtra un’altra notizia con tanto di foto. Secondo un’emittente televisiva cinese sono arrivati a Wuhan quaranta crematori mobili che possono distruggere cinque tonnellate di materiale al giorno. Presumibilmente rifiuti sanitari a rischio infettivo, ma nulla ci vieta di sospettare che gli stessi possano essere usati anche per il trattamento dei cadaveri. Da una parte è difficile credere a ciò che ci viene raccontato dalle fonti ufficiali, troppe discrepanze nella loro narrativa, dall’altra è impossibile controllare le fonti non ufficiali che potrebbero essere volutamente aggravate rispetto alla verità o totalmente false.
Questi quaranta forni crematori, sempre se la notizia dovesse essere confermata, si andrebbero ad aggiungere ai centoventi già presenti nella città che, come confermato, già da giorni lavorano a ritmo continuo. Ci sono altre due notizie che riguardano questo maledetto virus, la prima arriva dall’Iran: i due malati di coronavirus registrati nella Repubblica Islamica sono morti nella serata del 19 febbraio nella città di Qom, e la seconda riguarda la scomparsa, sempre a Wuhan in Cina, del regista Chang Kai.