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Coronavirus, l’emergenza nell’emergenza è quella dei medici

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C’è un’emergenza nell’emergenza che si sta verificando con il diffondersi del Coronavirus di cui si parla troppo poco ed è legata alle condizioni di lavoro dei medici in queste settimane in cui l’epidemia si sta diffondendo a macchia d’olio. Quando si sente parlare di un “sistema sanitario a rischio collasso” non dobbiamo pensare solo alla carenza di posti letto in terapia intensiva, oppure alla mancanza di un congruo numero di strutture per i malati di Covid-19, ma alle condizioni in cui migliaia di medici e operatori sanitari sono costretti a lavorare.

Già nell’ordinario l’Italia sconta una carenza di personale medico, se non si cambierà il sistema delle specializzazioni nei prossimi anni saremo costretti a importare medici dall’estero. A ciò va aggiunto il fatto che la popolazione italiana sarà sempre più anziana (con conseguenti costi per la sanità pubblica) e con un tasso di natalità basso. In una situazione di emergenza come quella che stiamo vivendo, soprattutto in determinate aree del paese, la situazione per medici e personale sanitario è al limite dello sfinimento. Turni massacranti, ricambi pressoché assenti, rischi molto alti per la propria salute e di contagio (l’età media dei medici italiana è alta, molti hanno sopra i sessant’anni).

Prendiamo il comunicato diffuso dalla Fimp Emilia Romagna (Federazione Italiana Medici Pediatri) in cui, pur sottolineando il costante dialogo con l’Assessorato alla Sanità della regione, si denuncia: “non si può fare a meno di rimarcare come a tutt’oggi la dotazione di Mezzi di Protezione Individuale (DPI), cioè mascherine evolute, occhiali protettivi, guanti e camici a perdere sia assolutamente insufficiente quando non assente”.

Si constata inoltre una mancanza di coordinamento tra le varie strutture sanitarie nei territori con rischi per la salute, oltre che della collettività, anche degli stessi medici: “in questi giorni si assiste a comportamenti differenziati a seconda delle diverse Ausl, comportamenti che generano difficoltà e dubbi in chi tutti i giorni si trova ad affrontare l’emergenza. Si sono infatti verificati casi in cui i pediatri sono stati invitati a visitare a domicilio bambini ammalati e conviventi di adulti già in quarantena senza avere a disposizione i DPI per la tutela della propria salute e per evitare di essere veicolo di infezione”.

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