L’Italia è chiusa per il Coronavirus. Ma per quanto tempo? Le scuole sono chiuse, le zone rosse sono ferme, le imprese vanno a scartamento ridotto. Ma quanto potrà durare? La vita sociale ha rallentato al limite dell’immobilità: cinema e teatri chiusi, negozi con la saracinesca abbassata, incontri rinviati a data da destinarsi. Fino a quando? Il governo vara delle misure speciali: 7,5 miliardi per le famiglie e le aziende, il deficit si alza al 2,5 per il 2020. Ma fino a quando sarà possibile sostenere questo ulteriore aggravio di spese e di debiti?
Non è stato detto con chiarezza ma nelle strategie di contrasto del virus e nelle scelte fatte per bloccare il contagio il fattore tempo è l’elemento decisivo. Infatti, se è vero, come ironizzava Keynes, che nel lungo periodo siamo tutti morti, a maggior ragione nel caso dell’epidemia da Coronavirus saremo tutti morti o perché il virus non si ferma o perché non abbiamo più risorse per vivere. Dunque, delle due l’una: o il virus si riuscirà a fermarlo in tempi brevi e comunque ragionevoli o sostenibili oppure, lo si voglia o no, sarà necessario ritornare a riprendere il lavoro usato accollandosi il rischio personale e umano, troppo umano, per dirla con quel fatalista di Nietzsche, di ammalarsi e, forse, morire.
In tutta questa storia, infatti, c’è qualcosa di non detto. La morte? No. Il limite della forza del governo. Il convincimento che lo Stato/governo agendo in una situazione d’emergenza possa adottare misure da “stato d’eccezione” in cui le nostre vite e le nostre attività sono non solo mutate e stravolte ma anche requisite e sequestrate deve fare i conti proprio con la realtà delle vite e delle attività che non possono essere sospese più di tanto senza causare il collasso dello stesso Stato/governo. Detto in due parole: il governo assoluto non solo non è conciliabile con la vita libera e democratica ma alla lunga, se non si trasforma in una dittatura, genera il suo stesso suicidio. Ecco perché la logica dell’emergenza e dello stato d’eccezione non può che essere emergenziale ed eccezionale ossia limitata nel tempo. Alla lunga il pericolo vero non è più il Coronavirus ma il virus biopolitico in cui le nostre vite sono messe totalmente nelle mani dello Stato/governo. E, come ho già avuto modo di scrivere su queste pagine, il governo mi fa più paura del virus.
L’ossessione della sicurezza produce insicurezza. L’idea che ci possa essere una sicurezza assoluta, totale – lo dico espressamente anche a Matteo Salvini – è un’idea non solo stupida ma auto-contraddittoria. Il regime politico-istituzionale più sicuro è senza dubbio la dittatura. Peccato, però, che proprio la dittatura coincida con la perdita della sicurezza personale. Ora si tratta di capire per quanto tempo in Italia possiamo protrarre lo stato d’emergenza senza ritrovarci di fatto a cadere in una più o meno velata forma di democrazia dittatoriale.
La domanda alla quale si deve prima o poi rispondere – meglio prima che poi – è questa: vale più la sicurezza o vale più la libertà? Tenendo presente che la sicurezza è un bene importante ma relativo, non ho dubbi a rispondere perché alla libertà spetta un primato senza il quale non si reggono nemmeno le dittature.
Purtroppo, iniziano a passare argomenti come quello ascoltato l’altra sera in televisione: “In Cina hanno il vantaggio della dittatura, che non è un vantaggio da poco”. Noi invece rischiamo d’avere lo svantaggio dell’idiozia.
Giancristiano Desiderio, 7 marzo 2020