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Coronavirus, quali sono le 4 urgenze

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Adesso l’allarme è stato lanciato. Oggi chi si è fermato ad ascoltare telegiornali e notiziari ha compreso lo stato reale delle cose. Il Coronavirus ha poco a che vedere con l’influenza. Del resto basta guardare il grafico successivo per comprendere quanto fossero differenti le due malattie: il Coronavirus è più contagioso ed ha un tasso di fatalità molto più alto di quello dell’influenza stagionale.

Se queste cose le avessero spiegate subito, responsabilizzando i cittadini, forse si sarebbe potuto fare qualcosa in più per contenere il contagio. La gente non è stupida. La comunicazione è stata fuorviante. Ci sono stati quattro o cinque giorni di inspiegabile voglia di normalità e superficialità. Pericoloso sì, pericoloso no. Partite sì, partite no. Scuola sì, scuola no, poi di nuovo sì, poi ancora no. Ma qual è il senso reale di tutto questo? L’unico senso è stato quello di creare una falla di consapevolezza che doveva e poteva essere evitata.

Intanto i numeri crescono e parlano di un contagio difficile da arginare per evitare di non mandare al collasso un sistema sanitario che ora è già in difficoltà. E le aree da controllare si allargano. Così molti guardano all’Italia come alla “Nazione Untrice” del Mondo. I numeri direbbero questo, è vero. Ma forse non è un caso che tutto sia partito dall’Italia che, con le sue straordinarie attrazioni turistiche e i suoi prodotti di altissima qualità e pregio, finisce per ospitare un numero altissimo di turisti e compratori che arrivano proprio dalla Cina. E con la Cina abbiamo scambi commerciali sempre crescenti, con manager di casa nostra che viaggiano costantemente tra un continente e l’altro.

Insomma, siamo stati puniti dalla nostra vocazione turistica e dalla nostra capacità di realizzare #SoloCoseBelle. L’Italia è vittima, non untore. Chi sta male non dovrebbe partire. I controlli andrebbero fatti in partenza. I controlli, all’arrivo nei nostri aeroporti si sono rivelati insufficienti non perché non efficienti, ma perché ogni aereo potenzialmente poteva trasformarsi in un moltiplicatore di contagio già durante il volo, un contagio che all’atterraggio non poteva essere misurato. Ma tant’è. Serve a qualcosa piangere sul latte versato? Ora è importante comprendere come fare a non versarne dell’altro.  Sono i numeri a raccontare che l’attenzione dev’essere massima.

Michele Fanigliulo del nostro Centro Studi, quello di Wall Street Italia in questi giorni ha tenuto sotto controllo i dati che arrivavano quotidianamente dalla Protezione Civile. Ci siamo confrontati, li abbiamo letti e riletti, ne abbiamo commentato le percentuali, le eventuali proiezioni. In una tabellina ed in un grafico è racchiusa la storia di questi ultimi 13 giorni. Dal grafico appare evidente come la crescita dei contagi sia stata leggermente arginata, ma 440 persone al giorno sono sempre 440 persone.

Comincia a crescere, per fortuna, il numero dei guariti, tuttavia cresce anche il numero dei morti arrivato a toccare il 4%. L’Italia sta pagando un prezzo più alto in termini di vite umane. Non dimentichiamo che il nostro Paese è il secondo “più vecchio” al mondo, dopo il Giappone. Personalmente odio le percentuali. Non tengono conto dei nomi e dei cognomi delle persone, non tengono conto del dolore e della sofferenza di malati e famiglie, non tengono conto della paura. La “paura non ha faccia”, mi diceva il mio amico, Alessandro Plateroti l’altra sera.

Tutti abbiamo paura, ha paura anche chi è chiamato a prendere decisioni forti su aspetti che nessuno, nella nostra generazione, è mai stato chiamato ad affrontare. Quello che sta avvenendo oggi lo abbiamo visto solo nei film. Forse guardando qualche film potremmo imparare come comportarci e quali soluzioni adottare? Forse. La situazione è straordinaria, talmente straordinaria ed importante, visto che in gioco ci sono vite umane, che si sta mettendo in “stand-by” l’intero Paese.

Le agenzie di rating già parlano di un possibile calo del Pil italiano di oltre il 3% per il 2020. Ed io direi: chi se ne importa. La situazione è straordinaria, talmente straordinaria che la Fed, la banca centrale americana, senza neanche riunirsi, ha abbassato di mezzo punto i tassi d’interesse che ora, anche negli Usa sono prossimi allo zero. Eppure, mentre in Italia si chiudono le scuole, le fabbriche sono ferme, in autostrada non gira nessuno, nei ristoranti i tavoli restano vuoti, nei treni e negli aerei non ci sono passeggeri, mentre negli ospedali la gente non trova più posto, mentre riaprono gli ospedali militari, mentre si pensa a chissà quali altre strutture requisire, mentre la gente muore anche perché l’assistenza non riesce più a seguirli con la stessa capillarità dei primi casi.

Mentre in Italia accade tutto questo, la finanza pensa alla finanza. Eppur per la finanza quanto abbiamo pagato. Quanto è stato salato e caro il conto pagato per salvar e banche e l’Euro. Quante imposte, quanti tributi. Ora è necessario che il flusso faccia la corsa all’opposto. È giustissimo, anzi necessario, pensare alle imprese, ai posti di lavoro, ed a tutto il volano dell’economia che tiene in piedi anche l’azienda che fa da editore per il giornale da cui sto scrivendo quest’articolo.

Qui c’è in gioco non solo il presente di un Paese. Il Coronavirus se non lo si argina arriverà ovunque. Qui, attraverso un virus para-influenzale, è in gioco l’identità di ciascuno di noi, di un Paese, di un Continente, del Mondo. Mario Draghi disse nel 2011: “faremo ogni cosa dovesse servire”. È necessario tornare a quelle scelte. Per salvare le banche, per salvare l’euro dal 2008, in tutto il Mondo sono stati spesi migliaia di miliardi di dollari, di euro, di Jen e di chissà quali altre valute. Ora è necessario ripartire da lì.

1.È URGENTE una cooperazione internazionale.

2.È URGENTE una guida unica.

3.È URGENTE comperare macchine per la respirazione, letti, mascherine, camici, guanti in lattine, siringhe e tutto quello che è necessario e che in tante strutture sanitarie non c’è.

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