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Coronavirus, tutti i numeri della paura finanziaria

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“I soldi? L’importante è che ci sia la salute”. Quante volte abbiamo sentito questa frase, quante volte ci siamo sentiti fortunati ad averli avuti entrambi o ad avere avuto il denaro per occuparci della nostra salute? Ad aver la salute per occuparci del nostro denaro? Invece, mai come questa volta. Salute e finanza colpite contemporaneamente. Ecco perché il quadro generale con cui ci confrontiamo, dal punto di vista emotivo, risulta più complicato di quanto potessimo solo immaginare. Ecco perché anche i mercati finanziari hanno reagito con una rapidità inaudita, mai vista prima, agli attacchi del Coronavirus.

È andata così perché l’emozione negativa, la “paura”, che condiziona il nostro stato d’animo in questo difficile momento, ci impedisce di essere razionali e di fare le scelte più logiche. Di fronte al pericolo, il nostro istinto ancestrale ci impone di scappare. Scappiamo o cerchiamo di farlo dalla malattia scappiamo o dai mercati finanziari. In questo secondo caso la velocità di reazione è stata veramente impressionante.

È successo tutto in una settimana. Fino a giovedì scorso, fino al 20 febbraio, il Coronavirus sembrava lontano da noi. Lontano dalle nostre case, lontano dalla possibilità che ci toccasse direttamente, lontano dalla possibilità che incidesse sulle nostre finanze e sulla nostra economia. Lontano. Poi da giovedì tutto è cambiato. L’escalation dei contagi tra Lombardia e Veneto ha trasformato l’Italia nel vero “malato” del Mondo. E così, con i contagi è scoppiata la paura sui mercati. In finanza c’è un parametro che misura il livello di paura sui mercati. Si chiama indice VIX.

Il VIX misura la volatilità sul mercato americano e prende come riferimento l’indice S&P 500 l’indice che racchiude i 500 titoli più importanti degli Stati Uniti. Tanto più sale il valore del VIX, maggiore sarà la percezione del rischio presente sul mercato. Per questo, nel gergo finanziario, il Vix si è guadagnato l’appellativo di “indice della paura”. Gli operatori osservano il VIX facendo attenzione in particolare alla soglia dei 25-30 punti. Questa è tradizionalmente la soglia critica che differenzia una condizione di bassa volatilità (ottimismo sui mercati) da uno scenario di alta volatilità (tensione sui mercati), poi associato ad un ribasso dei mercati azionari.

Giovedì 20 febbraio il valore del Vix era a 14,28 punti, in una situazione di estrema tranquillità. Ma le notizie arrivate dall’Italia hanno impaurito talmente tanto l’Occidente che, nel giro di una settimana, l’indice è cresciuto esponenzialmente fino a 49 punti, per chiudere venerdì a 40,11, ma evidenziando, semmai ce ne fosse bisogno, i livelli di incertezza (paura) registrati sui mercati. Per trovare un valore così alto bisogna tornare indietro al 2011, alla crisi dell’Euro e del Debito Pubblico Italiano. Contemporaneamente negli stessi sette giorni gli indici azionari di mezzo mondo hanno perso mediamente il 13%. Ma cosa è cambiato rispetto al mese precedente?

Finché il contagio è rimasto confinato in Cina nessuno, neanche la finanza, se n’è occupato realmente. Ma il contagio italiano ha fatto comprendere a tutto l’Occidente che le porte erano ormai spalancate e che per il Coronavirus non sarebbe stato difficile, dall’Italia, passare a tutto il resto del Pianeta per effetto della globalizzazione. In realtà il primo problema è rappresentato proprio dall’Italia. I conti pubblici del nostro Paese sono pessimi, il Pil non sale ormai da anni, i tassi bassi hanno tolto parte di reddito (quello che arrivava con gli interessi sul risparmio) alle famiglie e possibilità di guadagno alle banche.

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