Il business delle mestruazioni
Il tema della mostra era anche importante, infatti si legge sul sito del museo: “Le mestruazioni sono sempre state, e in quasi tutti i popoli della terra, argomento delicato da affrontare, se non proprio un vero tabù, per migliaia di anni. Questo processo naturale che alcuni corpi attraversano è, ancora oggi, avvolto nella vergogna e nello stigma”.
Il dato, che potrebbe essere interessante solo ai produttori di assorbenti interni ed esterni, è che secondo il Global Citizen del 2019 ci sono al mondo ottocento milioni di persone che ogni giorno hanno le mestruazioni.
Si tratta di un business milionario che se aggiunto a quello dei pannolini per bambini crea un giro di affari da numeri che fanno venire le vertigini, ma il dato che lascia interdetti è che “oltre il cinquanta per cento della popolazione mondiale avrà le mestruazioni ad un certo punto della propria vita”.
Considerando le continue pubblicità di assorbenti di tutti i tipi, dai super a quelli interni, che permettono anche di farsi il bagno in piscina durante il ciclo, che da anni passano su tutti i canali televisivi e in tutti gli orari, anche a ora di pranzo o cena, mi chiedo come questo tema possa essere ancora oggi, almeno nel mondo occidentale, avvolto nella vergogna e nello stigma.
Mi chiedo anche: se il cinquanta per cento della popolazione avrà le mestruazioni ad un certo punto della propria vita, posso pensare che è soltanto un modo per dire che la metà della popolazione mondiale è femmina? O usare il termine femmina mi espone a critiche? A scanso di equivoci dico anche che l’altra metà, quella senza mestruazioni, è sicuramente maschio.
Probabilmente è stato il termine vagina e il suo uso improprio associato alla parola corpo a creare tutta questa confusione, ma anche il museo dove è stata organizzata la mostra si chiama Vagina Museum, la frase incriminata voleva magari essere un omaggio alla location? Forse… ma non lo sapremo mai.
Per la rivista una battuta d’arresto
Quello che è certo è che la rivista ha subito un gran brutto colpo, mentre il giornalista avrà sicuramente perso il lavoro e difficilmente ne troverà un altro, purtroppo con la morte di Hugh Hefner sono finiti i tempi eroici di Playboy, tempi che abbiamo miseramente cambiato con il castrante politicamente corretto.
Vorrei chiudere questo articolo con una notizia ancora più particolare, durante le ricerche ho scoperto che a Reykjavík, in Islanda, esiste Il Museo Fallologico Islandese, che ospita la più grande esposizione al mondo di peni e parti di peni. All’inizio del 2020 il museo si è trasferito in una nuova sede tre volte più grande della precedente e la collezione contiene più di 300 peni di oltre 100 specie di mammiferi e 22 peni di creature e popoli del folklore islandese.
Al contrario di quello londinese è un museo maschile in tutti i sensi, maschile però, perché per essere uomini, veri uomini, soprattutto in questo periodo di femminismo sempre più agguerrito, oltre al pene bisogna anche avere delle palle d’acciaio.
Michael Sfaradi, 28 settembre 2021