“Corpi con vagina”. Scivolone di The Lancet

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“Storicamente, l’anatomia e la fisiologia dei corpi con le vagine sono state trascurate”. Questa frase, apparsa sulla copertina della prestigiosa rivista The Lancet ha scatenato, come possiamo ben immaginare, uno tsunami di polemiche e accuse di sessismo.

Indignazione

Oltre agli strascichi polemici il tweet, che condivideva la prima pagina della rivista, ha provocato anche l’annullamento degli abbonamenti da parte di numerosi accademici che, con questo gesto, hanno voluto prendere le distanze da una frase che sembra uscita da Scherzi a Parte.

Una delle prime a farsi sentire è stata l’attivista scozzese Susan Dalgety che nel suo commento al vetriolo, non ci è andata certo leggera: “Dovremmo semplicemente accettarlo? Davvero per i medici noi donne siamo solo corpi con la vagina?” Le ha fatto eco Calvin, giornalista del Telegraph e del Daily Mail, che in un suo tweet ha accusato The Lancet di aver fatto uso di una definizione che oltre a non avere nulla a che fare con la scienza, è offensiva e umiliante.

Ma non è tutto, anche il professor Geoffrey Miller ha voluto dire la sua dichiarando: “The Lancet non si vergogna di disumanizzare il vivere, respirare, pensare, percepire le donne come semplici corpi con la vagina?”.

Dietro la gaffe

Dopo la terribile gaffe è troppo facile prendersela con la rivista, più facile che sparare sulla Croce Rossa, perché ciò che è stato scritto, anche se non decontestualizzato dal resto, entrerà nel guinness dei primati delle peggiori gaffe. Se vogliamo però spezzare una lancia a favore della rivista e dell’autore che ha scritto la frase incriminata, dobbiamo partire dal fatto che l’articolo era su un tema complicato, intitolato “Periods on Display”.

Si trattava di una recensione di una mostra sulla storia delle mestruazioni al Vagina Museum di Londra. Considerando il tema e la location, la possibilità di cadere nell’errore era molto vicina al cento per cento, praticamente come passeggiare su un campo minato senza avere una mappa aggiornata degli ordigni disseminati nel terreno.

Il tema era già difficile di suo, e se a questo aggiungiamo il politicamente corretto che nei nostri tempi sta castrando chiunque esprima un qualsiasi pensiero e ci costringe a ripensare mille volte a ciò che vogliamo dire, o peggio a scrivere, perché scripta manent, l’errore fatale, prima o poi, può capitare anche a coloro che hanno nella mente e nel cuore tutte le più belle intenzioni.

Purtroppo, è risaputo, che la strada per l’inferno è lastricata di buone intenzioni. Eppure, anche se The Lancet è considerata una sorta di Vangelo nel campo medico-scientifico, dopo aver descritto le donne come “corpi con la vagina” sulla copertina della sua ultima edizione, ha visto la mannaia delle critiche abbattersi senza alcun riguardo per la sua storia e per tutto ciò che di buono è stato pubblicato dal 1823, anno della sua fondazione, ad oggi.

Nell’articolo, l’autore ha citato le donne per ben quattro volte e la frase “corpi con vagine” appare in una sola occasione, chissà cosa gli sarà passato per la mente, sia a lui che al responsabile che avrà comunque letto l’articolo prima di autorizzarne la pubblicazione.

Il business delle mestruazioni

Il tema della mostra era anche importante, infatti si legge sul sito del museo: “Le mestruazioni sono sempre state, e in quasi tutti i popoli della terra, argomento delicato da affrontare, se non proprio un vero tabù, per migliaia di anni. Questo processo naturale che alcuni corpi attraversano è, ancora oggi, avvolto nella vergogna e nello stigma”.

Il dato, che potrebbe essere interessante solo ai produttori di assorbenti interni ed esterni, è che secondo il Global Citizen del 2019 ci sono al mondo ottocento milioni di persone che ogni giorno hanno le mestruazioni.

Si tratta di un business milionario che se aggiunto a quello dei pannolini per bambini crea un giro di affari da numeri che fanno venire le vertigini, ma il dato che lascia interdetti è che “oltre il cinquanta per cento della popolazione mondiale avrà le mestruazioni ad un certo punto della propria vita”.

Considerando le continue pubblicità di assorbenti di tutti i tipi, dai super a quelli interni, che permettono anche di farsi il bagno in piscina durante il ciclo, che da anni passano su tutti i canali televisivi e in tutti gli orari, anche a ora di pranzo o cena, mi chiedo come questo tema possa essere ancora oggi, almeno nel mondo occidentale, avvolto nella vergogna e nello stigma.

Mi chiedo anche: se il cinquanta per cento della popolazione avrà le mestruazioni ad un certo punto della propria vita, posso pensare che è soltanto un modo per dire che la metà della popolazione mondiale è femmina? O usare il termine femmina mi espone a critiche? A scanso di equivoci dico anche che l’altra metà, quella senza mestruazioni, è sicuramente maschio.

Probabilmente è stato il termine vagina e il suo uso improprio associato alla parola corpo a creare tutta questa confusione, ma anche il museo dove è stata organizzata la mostra si chiama Vagina Museum, la frase incriminata voleva magari essere un omaggio alla location? Forse… ma non lo sapremo mai.

Per la rivista una battuta d’arresto

Quello che è certo è che la rivista ha subito un gran brutto colpo, mentre il giornalista avrà sicuramente perso il lavoro e difficilmente ne troverà un altro, purtroppo con la morte di Hugh Hefner sono finiti i tempi eroici di Playboy, tempi che abbiamo miseramente cambiato con il castrante politicamente corretto.

Vorrei chiudere questo articolo con una notizia ancora più particolare, durante le ricerche ho scoperto che a Reykjavík, in Islanda, esiste Il Museo Fallologico Islandese, che ospita la più grande esposizione al mondo di peni e parti di peni. All’inizio del 2020 il museo si è trasferito in una nuova sede tre volte più grande della precedente e la collezione contiene più di 300 peni di oltre 100 specie di mammiferi e 22 peni di creature e popoli del folklore islandese.

Al contrario di quello londinese è un museo maschile in tutti i sensi, maschile però, perché per essere uomini, veri uomini, soprattutto in questo periodo di femminismo sempre più agguerrito, oltre al pene bisogna anche avere delle palle d’acciaio.

Michael Sfaradi, 28 settembre 2021

 

 

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