Regime autoritario, dittatura, persino prove tecniche di fascismo. Nelle ultime ore si è parlato tanto, troppo di quanto accaduto domenica a Milano, dove un gruppo di persone si è radunato nei giardini dedicati ad Anna Politkovskaya per deporre dei fiori in ricordo di Alexei Navalny, il dissidente russo morto sabato. Sul posto sono intervenuti gli agenti della Digos, che hanno identificato tutti. Apriti cielo: sinistra estrema e non contro il governo, dal premier Meloni al ministro Piantedosi. Ma il tempo ha chiarito tutto.
Nessun intervento autoritario da parte della Digos, nessun pericolo per la libertà dei cittadini. Gli agenti hanno identificato Alberto Franceschini, uno dei fondatori delle Brigate Rosse insieme a Renato Curcio e Mara Cagol. Non esattamente un signor nessuno: militante della sinistra proletaria, divenne amico di Curcio alla fine degli anni Sessanta e fu considerato uno dei “colonnelli” delle Br e condusse il primo clamoroso sequestro, quello del giudice Mario Sossi. Si dissociò dalla lotta armata il 21 febbraio del 1987 con una dichiarazione sottoscritta nel carcere romano di Rebibbia. Ex terrorista ma anche scrittore: sulla sua storia e su quella del gruppo armato firmò il libro “Mara, Renato e io”.
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Anche la questura di Milano ha chiarito i fatti spiegando che l’identificazione è stata “effettuata d’iniziativa dagli operanti” e “per un eccesso di zelo”, senza alcuna “finalità di impedire l’esercizio delle libertà dei partecipanti all’iniziativa”. Il personale si era “recato sul posto al fine di identificare compiutamente il promotore dell’iniziativa, in quanto era pervenuta il 17 febbraio alla questura un’email generica che preannunciava la presenza in loco di non più di tre persone”. Non solo: “il presunto organizzatore, sconosciuto agli atti d’ufficio, aveva omesso di allegare copia del documento d’identità (un passaporto russo), omettendo anche di precisare l’orario dell’iniziativa: informazioni che vengono ordinariamente indicate nell’atto di preavviso alla Questura”. Dunque, la pattuglia, “trovatasi di fronte ad un gruppo di persone, a fronte delle tre preannunciate”, ha cercato di verificare “con esattezza l’identità del promotore”.
Chi ha parlato a vanvera e attaccato il governo in maniera strumentale dirà qualcosa? O magari continueranno l’offensiva contro la Digos (con esecutivo annesso) per aver identificato un ex terrorista rosso? Immaginiamo anche qualche patetica scusa: “E allora Acca Larentia?”. Mettendo da parte le ambizioni di buonsenso, l’elenco di chi ha sfruttato l’episodio di Milano è piuttosto lungo. Il Pd è naturalmente in prima fila con il senatore Filippo Sensi, che ha annunciato un’immediata interrogazione parlamentare al ministro dell’Interno Piantedosi: “Chiuderemo conto di che Paese siamo”, prospettando chissà quali limitazioni illiberali. Ma non è tutto.
Immancabile Pierfrancesco Majorino: “Che Paese stiamo diventando. Puoi flirtare con la cricca di Putin e guidare la Lega facendo il ministro e vieni identificato dalla Digos se deponi fiori in ricordo di Navalny . Che autentica vergogna”. “È assurdo”, l’incipit del j’accuse di Brando Benifei: “Tutta la mia solidarietà alle associazioni e alle cittadine e ai cittadini schedati per aver manifestato a favore della democrazia”. Il caso della Digos milanese ha offerto una buona visibilità sui social e quindi non poteva mancare Elio Vito: “Con il governo Meloni, per Piantedosi è normale, per una democrazia NO”. L’identificazione (di un ex brigatista) è “semplicemente ributtante” secondo Carlo Calenda, ma il post più incredibile e quindi quello che ne è uscito peggio dal confronto con il tempo è quello di Fulvio Abbate: “Che la Digos identifichi chi depone fiori per Navalnyj è un fatto di gravità assoluta, prove tecniche di fascismo”.
Lo stesso Piantedosi, chiamato in causa, ha però risposto a tono: “L’identificazione delle persone è un’operazione che si fa normalmente nei dispositivi di sicurezza per il controllo del territorio”. É capitato a tutti, almeno una volta, di essere stato identificato. “Non credo che sia un dato che comprime una qualche libertà personale”.
Massimo Balsamo, 20 febbraio 2024
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