Salute

Cortocircuito Nutriscore: Carrefour lo applica (e lo sconfessa)

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L’imperante statalismo dell’Unione Europea non sembra mai giungere a termine. E questa volta è la battaglia sul Nutri-Score ad accendere la miccia e far alzare le barricate del governo italiano. Innanzitutto, per introdurre, il Nutri-Score è una scala di immediata comprensione, sviluppata dal nutrizionista Serge Hercberg come strumento per combattere l’obesità e le malattie cardiovascolari. Ideato in Francia e “famoso” per la sua struttura a “semaforo”, attraverso l’utilizzo di cinque colori e lettere, riuscirebbe a determinare la salubrità degli alimenti. E questo sulla base della quantità di grassi, zuccheri e sale al loro interno.

I Paesi che hanno già adottato questa misura, al di là dei cugini francesi, sono Germania, Belgio, Portogallo, Lussemburgo, Svizzera e Paesi Bassi; ma è proprio l’Italia ad essere storicamente tra le più restie alla sua adozione. Secondo Coldiretti, infatti, l’85% delle Dop e Igp italiane sarebbero bocciate: una vera e propria mazzata per i prodotti fondati sul made in Italy.

Ma il Nutri-score non è l’unico mezzo utilizzato dall’Ue per “insegnarci” a mangiare in modo salutare; di poche settimane fa, infatti, è il via libera dell’Irlanda a mettere sulle bottiglie di vino e birra lo stesso warning salutistico che si scrive sui pacchetti di sigarette. Decisione seguita da un forte dibattito per applicare regole univoche a tutti i 27 Paesi membri.

Per approfondire:

Eppure, proprio sull’infallibilità di Bruxelles e di questi meccanismi, un nostro commensale ci ha segnalato una particolarità non di poco conto, che riguarda il Carrefour. “Sul sito della catena di supermercati Carrefour per l’Italia, è presente una pagina (https://www.carrefour.it/landing/nutriscore.html) in cui l’azienda parla della presenza del marchio Nutri-Score su alcuni prodotti Carrefour venduti nel nostro Paese”, ci spiega il commensale. La particolarità sta nel fatto che è la stessa catena di supermercati ad ammettere come la scala non sia universalmente accettata, e che “i punteggi si riferiscono ad una porzione di alimento di 100 g e non ad una porzione di consumo”.

Anzi, come si legge nella stessa etichetta, “il sistema non tiene contro del fabbisogno e del profilo nazionale individuale. Il punteggio Nutri-Score non rappresenta un giudizio assoluto di salubrità di un alimento, ma è relativo alla composizione nutrizionale dello stesso”. Insomma, “ciò significa che esiste una discordia tra la Carrefour francese e la sua filiale italiana”, fa notare il commensale, che mette nero su bianco un efficace esempio per capire il cortocircuito: “Sarebbe come se l’editore del suo libro Il Padreterno è liberale mettesse una prefazione con scritto: Non vi assicuriamo che le affermazioni contenute in questo libro siano vere”.

Insomma, il Nutri-Score si evidenzia per quello che è veramente: una scala nutrizionale che fa acqua da tutte le parti, incapace in modo assoluto di indicare la salubrità o meno di un prodotto alimentare. Eppure, l’Unione Europea – e molti osservatori italiani innamorati dell’intervento pubblico – non sembrano voler mollare la presa. Per ora, la proposta di Bruxelles è stata rinviata al 2024, ma la voglia di imporci cosa mangiare, bere e quali alimenti mettere a tavola rimane più viva che mai.