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Cosa c’è da esultare? Francia senza maggioranza: le 5 ipotesi

le pen macron voto francia © veronaa tramite Canva.com

Elly Schlein esulta. Giuseppe Conte canta vittoria. Sandro Gozi gigioneggia. Enrico Letta, Paolo Gentiloni e chi più ne ha più ne metta: tutti felici e contenti della mancata vittoria di Jordan Bardella e Marine Le Pen alle elezioni fracesi. Giusto. Bene così. Ma adesso?

I dati definitivi, arrivati questa mattina, confermano sì il clamoroso sorpasso del Fronte Popolare ai danni sia dei macroniani che dei lepenisti. Ma soprattutto certificano che la Francia adesso è nel caos più totale. O meglio: si trova nel classico sistema all’italiana, dove hanno vinto tutti e non ha vinto nessuno, e per formare un governo occorre trovare patti e accordi tra movimenti che fino all’altro ieri si sputavano in faccia. Noi trasformisti della prima ora ci siamo abituati: ma Oltralpe?

I risultati ufficiali vedono un’Assemblea nazionale molto “divisa”, come ammette Glucksmann. Il Nuovo Fronte Popolare avrà 182 seggi, Ensemble 168 seggi e il Rassemblement National 143. Più indietro tutti gli altri: i Republicains e altri di destra con 60 seggi, altri di sinistra 13 seggi, centristi 6 seggi e regionalisti 4. Il presidente Emmanuel Macron si è preso tre giorni per valutare la situazione mentre il primo ministro Gabriel Attal ieri ha annunciato le dimissioni. Ma la verità è che ci vorrebbe un mago, o forse possiamo prestare ai cugini Matteo Renzi, per mettere insieme le alchimie di questa politica.

Il Fronte Popolare infatti è già spaccato. Mélenchon chiede a Macron di farsi da parte o di nominare un premier del Fronte Popolare, escludendo qualsiasi alleanza con quei macroniani con cui però ha messo in campo le deisistenze. Anche la leader degli ecologisti, Marine Tondelier, chiede a Emmanuel un primo ministro del loro schieramento. Gli altri partiti del FP, invece, non la pensano come la France Insoumise: sono pronti a scendere a patti con la coalizione presidenziale. Lo hanno fatto capire ieri sera Olivier Faure (PS), Manuel Bompard (LFI) e Fabien Roussel (PCF). Lo stesso pensa Glucksmann, secondo cui i partiti devono dimostrarsi “adulti” e dialogare. Già, ma con chi? La coalizione del presidente esclude infatti che Mélenchon possa governare la Francia. E molti chiedono di escludere tutti gli estremi, sia quelli di Le Pen che gli antisemiti. I Repubblicani gollisti, invece, invocano un governo “di destra”.

Quali sono allora gli scenari? Il Nuovo Fronte Popolare, per quanto sia la forza politica più numerosa della nuova Assemblea Nazionale, resta lontano dalla maggioranza assoluta. Ecco allora le 5 possibilità:

  1.  Governo Nuovo Fronte Popolare in cui la farebbe da padrone Mèlenchon. In assenza di una maggioranza assoluta, l’idea sarebbe quella di fare un esecutivo di minoranza che approvi parte dei suo programma tramite decreto. La Francia non è nuova ad esecutivi di questo tipo, ma vista anche l’eterogeneità delle forze del NFP, è possibile che duri da Natale a Santo Stefano.
  2. Governo Ensemble-Republicains. Se i macroniani e i gollisti trovassero un accordo e si mettessero insieme ad altri partiti di destra potrebbero aspirare a ottenere da Macron il premier.  In tutto farebbero circa 231 deputati. “Il Paese è a destra. Dobbiamo governare a destra. E non avere una coalizione con La France insoumise e il Nouveau Front populaire”, ha detto Gèrald Darmanin. “Ci stiamo rivolgendo ai repubblicani”, ha ribadito Benjamin Haddad, deputato dell’Ensemble ed ex segretario nazionale dell’UMP. Piccolo problema: questo governo potrebbe cadere facilmente sotto i colpi di una mozione di censura votata insieme dal Nuovo Fronte Popolare (182 deputati) e dal Raggruppamento Nazionale (143). A meno che non ci sia un accordo di astensione con alcuni partiti.
  3. Governo alla tedesca. In questo caso dovrebbero mettersi insieme tutti i “centristi” escludendo gli estremi. Quindi i socialisti, i macroniani e i gollisti. In totale farebbero oltre 296 deputati: una maggioranza assoluta, benché risicata. Ma i negoziati per formare il governo sarebbero molto lunghi.
  4. Governo tecnico. Se niente di tutto questo dovesse andare in porto, resta sempre l’ipotesi “alla Draghi”. I francesi dovrebbero “copiare” gli italiani che negli ultimi 10 anni ne hanno conosciuti di ogni tipo. Una sorta di governo di unità nazionale, formato di tecnici ed economisti, guidati da una figura non divisiva. Ne sono esistiti in Francia, ma questo non avrebbe – con ogni probabilità – nemmeno una larga maggioranza all’Assemblea. Sarebbe sempre minacciato da una mozione di sfiducia.
  5. Crisi istituzionale. Di fronte all’impossibilità di formare un esecutivo, Macron vedrebbe la Francia sprofondare nel caos. Dove l’ha portata sciogliendo, a sorpresa, le camere.

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