Stride davvero l’immagine del Papa che abbraccia il mondo da San Pietro con le centomila chiese in Italia dove non si può entrare per pregare né per trovare conforto. Chiuse per tutta una serie di equivoci nati dall’ennesima diversa interpretazione di un decreto pasticciato, che ha messo in contrapposizione Bergoglio al cardinale vicario Angelo De Donatis il quale ha disatteso i principi del diritto canonico. Sono i venti della discordia a cui ci ha ormai abituato il nostro Governo, con il premier Conte che un giorno è in contrasto con il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri sul Mes, un altro giorno sconfessa pubblicamente in diretta tv la ministra dell’Interno Luciana Lamorgese dopo aver concordato con lei le disposizioni sui bimbi a passeggio.
Ma se le Chiese son buie, fortunatamente ci sono tante stelle che brillano: parroci che dicono la Santa Messa in streaming dalla terrazza come don Andrea Celli alla Balduina, celebrazioni di Via Crucis in Puglia trasmesse via web dalle emittenti della regione, video chiamate ai parrocchiani ammalati, infermieri e dottori che danno l’estrema unzione. Tuttavia, queste iniziative rendono ancor più evidente la desolante assenza della Conferenza Episcopale Italiana, delle diocesi e delle parrocchie.
Proprio il sistema capillare della Chiesa che, dalle guerre ai terremoti ma anche durante la peste, ha sempre ‘nutrito’ spiritualmente il Paese nei momenti difficili, sembra oggi aver perso la via. Le parrocchie, che peraltro dispongono normalmente di ampi spazi tali da consentire il rispetto delle distanze di sicurezza, dovrebbero essere presidi sul territorio ad occuparsi non solo degli ultimi, ma anche di chi ha bisogno anche solo di una parola di conforto, magari in caso di lutto. Manca anche qui, come nel Governo, una cabina di regia che possa canalizzare in un network di solidarietà le tante risorse che, purtroppo, se non spese bene, andranno a beneficiare ancora una volta le persone sbagliate. Chi più di un parroco conosce il tessuto locale e sa chi ha veramente bisogno di un aiuto vitale o di un pasto caldo?
Si preferisce far collassare i Comuni, i valorosi assistenti sociali, tra l’altro già impegnati su altri fronti, che affidare ai pastori di anime le numerose famiglie in emergenza sociale, economica o spirituale. Un prete ha affermato: “se restiamo fuori dalle case degli italiani, non ci permetteranno più di rientrare”. Un esercito di parroci e di don pronti a combattere fa da contraltare, è proprio il caso di dirlo, a una gerarchia ecclesiastica dormiente, assente.
Sul banco degli imputati il sistema mediatico interno così impegnato a concentrarsi sugli equilibri tra le gerarchie e nessuno racconta che il Papa ha donato risorse importanti agli ospedali. Nè ci viene spiegato perché, in occasione della visita di Conte a Papa Francesco, non è stata proposta una collaborazione concreta tra Stato e Chiesa, quasi a voler far presagire che sia stata per “Giuseppi” un’estrema unzione anziché una benedizione. Nessuno ha sentito la voce del Presidente della Cei, cardinale Gualtiero Bassetti, nessuno conosce neppure il nome del Segretario Generale della Conferenza Episcopale Italiana. Quasi fosse una strategia di Bergoglio per azzerarne la gerarchia, un tempo composta dai Ruini, Scola, Tettamanzi, ma che oggi non è più motivo di ombra per Francesco, a scapito di un impoverimento irrimediabile della Chiesa italiana.
Il riferimento è rivolto alle strutture curiali oggi in caduta libera: le sezioni della Segreteria di Stato, la Rota romana, il capitolo di San Pietro, la cappella musicale, l’annona (i supermercati vaticani), il sistema finanziario della Santa Sede, i beni culturali, l’università lateranense, il seminario romano, il vicariato di Roma, un numero consistente di diocesi italiane ed estere, più o meno importanti.
Il Papa, che difende strenuamente i lavoratori, ha però mandato a casa più di 500 persone e non ha tolto neppure un soldo agli appannaggi cumulativi (spesso due, tre quattro stipendi) con cui cerca di tenere buoni i suoi più acerrimi nemici. Per non parlare dei tanti sconosciuti personaggi, persino insigniti dell’episcopato, chiamati a ruoli apicali, troppo spesso e troppo presto rivelatisi poi inadatti. Un mistero, questo, che neppure i più convinti ammiratori di Papa Francesco riescono a spiegare.
Bergoglio arrivò a Roma con una fronda di cardinali italiani potenti in curia e fuori, non ha saputo crescere un’organizzazione gerarchica che rispecchiasse i suoi valori rivoluzionari, limitandosi a mettere nelle posizioni apicali persone che potessero sopportarli. E la realtà è che, oggi, nel tempo della Pasqua, le chiese sono chiuse e il Santo Padre, sotto la pioggia, da piazza San Pietro, in solitudine, benedice il mondo. Amen.
Luigi Bisignani, Il Tempo 5 aprile 2020