Cosa unisce Leonardo Caffo a Kylian Mbappé? Nulla. Di sicuro non gli occhiali in stile intellettuale chic del primo in confronto allo stile parigino del campione, oggi in forza al Real Madrid. Eppure entrambi sono stati accusati a vario titolo di violenza di genere: il filosofo amico di Michela Murgia e Chiara Valerio s’è beccato una condanna a 4 anni di carcere per violenza domestica sulla ex compagna; il calciatore era stato accusato di stupro in Svezia. Direte: sì beh, ma il primo è stato giudicato colpevole mentre il secondo, notizia di oggi, è stato scagionato per mancanza di prove. Vero. Eppure un filo rosso lega queste due storie così diverse nel tempo e nello spazio. Se volete capire perché, abbiate un po’ di pazienza.
Da un lato c’è il filosofo antispecista e progressista, prima osannato dagli intellettuali progressisti, poi improvvisamente abbandonato a se stesso sia prima (vedi le polemiche per la partecipazione a Più Liberi più libri) che dopo la sentenza di primo grado per maltrattamenti e lesioni gravi. Dall’altro lato c’è Mbappé. Il campione francese era sospettato di stupro e di due casi di molestie sessuali. A Stoccolma, in hotel, lo scorso 10 ottobre avrebbe abusato di alcune ragazze che lo avevano denunciato. Lui ha sempre respinto ogni accusa, che ovviamente ha fatto il giro del mondo. E oggi il procuratore svedese, peraltro una donna, l’ha scagionato perché “le prove non erano sufficienti”. “Abbiamo adottato le consuete misure investigative, compreso lo svolgimento di una serie di interviste”, ha spiegato la pm Marina Chirakova. Ma non è emerso nulla, “le prove non sono sufficienti per procedere” e quindi “l’indagine è stata chiusa” senza che neppure venisse notificato a Mbappé il sospetto del presunto crimine. E tanti saluti.
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Il caso del calciatore, che non era neppure stato ufficialmente accusato, ci insegna che praticare il garantismo non è solo cosa buona e giusta. Ma è necessario per evitare di rovinare la vita alle persone. Se il campione francese non fosse stato seguito da fior fior di avvocati e consulenti di immagine, e non fosse amato così tanto dal grande pubblico, avrebbe potuto passare dalle stelle della gloria alle stalle del sospetto. Il peggiore dei sospetti, in epoca di MeToo, patriarcato e Giulia Cecchettin. I giornali di tutto il mondo lo hanno sbattuto in prima pagina dando per buone le dichiarazioni delle tre accusatrici, senza neppure aspettare che il fatto venisse almeno accertato dai pm. Nessuna accusa ufficiale. Nessun processo. Nulla di nulla. Ma intanto la macchia del dubbio gli rimarrà attaccata addosso.
Lo stesso dicasi per Caffo, che pure ha già affrontato il primo grado. Se la Costituzione italiana afferma che non si è colpevoli fino alla condanna definitiva, il principio va applicato fino in fondo. Per tutti, senza distinzioni di sesso, razza o posizionamento politico. Sono innocenti, ad oggi, Caffo, Ciro Grillo, Leonardo La Russa e tutti gli altri. Non possiamo mettere la mano sul fuoco per il filosofo di Chiara Valerio, sia chiaro, ma attendere che la giustizia faccia il suo corso non significa schierarsi con la presunta vittima o il presunto criminale. Significa solo aspettare. Chiunque sia passato da un Tribunale sa bene che fidarsi della giustizia italiana è bene ma non fidarsi è meglio, soprattutto nei procedimenti di primo grado: troppe sono le volte in cui la sentenza è stata ribaltata per non praticare un minimo di cautela.
E poi i danni che produce il giustizialismo mediatico sono tali che attendere la pronuncia definitiva è fondamentale per evitare di distruggere la vita di chi, in potenza, non ha commesso il fatto. Ricordate Fausto Brizzi? Anche Enzo Tortora, il più clamoroso degli errori togati, fu condannato in primo grado senza prove. E Stefano Esposito? Senatore Pd, abbandonato dal Pd all’inizio dell’inchiesta nei suoi confronti, dopo 7 anni di tormenti è stato archiviato: non c’era nulla, ma la sua vita (politica e non) ne è uscita comunque rovinata.
Ecco perché vale la pena evitare di sbattere il calciatore in prima pagina al primo sospetto e sospendere ogni commento anche su Caffo. Pure se l’hanno condannato in primo grado.
Giuseppe De Lorenzo, 12 dicembre 2024
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