Cultura, tv e spettacoli

Cosa mi fa paura di questo putrefatto Sanremo

Che all’Ariston di musica non sussista più neppure la parvenza è ovvio, ma ormai siamo oltre il pagliaccesco

Sanremo 2025 Carlo Conti
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Cominciamo male, ragazzi. Che Sanremo sia la peggiore cloaca dell’intrattenimento di regime non vorremmo star qui a ripeterlo anche quest’anno, ne abbiamo la nausea noi più di voi (e permettetemi l’apertura e chiusura di una parentesi: i rompipalle che puntuali eccepiscono, chi ve lo fa fare, basta non guardare, ecco, passassero per un’altra parte, per esempio un club di scambisti: è più etico e divertente ma noi siamo qui per mestiere e ingrato mestiere, dobbiamo registrare ciò che accade e Sanremo come articolazione di potere non è prescindibile).

Che lì dentro di musica non sussista più neppure la parvenza è ovvio e da nessuno contestato; che la putrefazione sia passata da degenerazione woke a penale, a sing sing, è sotto gli occhi di tutti meno che del direttore lampadato, “io un so nullah un so nullah”; ma è troppo facile fare gli Iggy Pop da Parioli, come quell’ologramma di Achille Lauro, con dietro una famiglia di prefetti, di magistrati di Cassazione, è troppo facile fare le vittime come Fedez che quando ha la depressione esce, si compera una Ferrari personalizzata da 400mila euro e ci porta a spasso gli amici, è troppo facile fare le vittime con addosso una accusa per associazione a delinquere come il caro Emis Killa che poi se la batte, è troppo facile passare dalle canzoni in cui si squartano le donne ai sermoni sanremesi in difesa delle donne, al sinistrismo di regime dalle ereditiere brianzole con attivo a New York “ma non ci abito finché resta Trump”.

Siamo oltre il pagliaccesco, oltre la farsa e la fogna. A Sanremo tre case discografiche e tre manager si spartiscono tutto, altro che gara. A Sanremo c’è un esordiente, certo Lucio Corsi, che ci prova da 10 anni e va in gara con Marcella Bella, ma spinto dal giro di Verdone, oltre alla struttura che coinvolge Brunori sas, suo protegée e pure lui in gara.

E potremo andare avanti per ore, vomitando, e andremo avanti per giorni, vomitando, nel solito intreccio tra affari e malaffare potere e fariseismo, arroganza e disperazione. Tutto falso, tutto drogato a partire dai fiori. Che però si arrivi alla pornopsicosi è a un tempo incredibile e spaventoso, che si prenda sul serio la miseria umana, artistica, televisiva fa paura come la fanno i matti. La Crusca, la famosa accademia, che perde tempo nell’esegesi dei testi di Sanremo? E conclude che non stanno in piedi? E che vi aspettavate? Scusate, esimi signori, ma di che state parlando? Chi vi paga per coprirvi di vergogna? Le dichiarazioni di Luini-Villain e Elodie, femministe compari dei rapper che violentano le donne nelle loro filastrocche, prese come dichiarazioni programmatiche in grado di influire sugli equilibri nel rapporto governo-opposizione? Oh Cristo santo, a questo segno siamo dunque giunti? Il Clan dei toscani, il solito Conti che si trascina gli immancabili Panariello e i Pieraccioni, queste catene di Jackob Marley attaccate ai coglioni? Il gossip fetido, da biancheria stesa da un balcone all’altro, a simbolo di una privacy sfondata ma lercia, da malavita? Fabrizio Corona, pregiudicato da oltre 13 anni di galera, che ci soffia sopra (e vuole fondare un partito), la Lucarelli che perde tempo ad attaccarlo, le gossippare in fama di giornaliste che mitragliano, e non è ancora cominciato il baraccone sfondato, pettegolezzi da troiaio e i giornali istituzionali, di regime se ne abbeverano?

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Siamo alla anteprima della proposta di matrimonio tra due influencer, sai la novità, già ordinate 4000 rose rosse, tutto dovrebbe avvenire in diretta nell’orgasmo impotente della gara finta, pesantemente indiziati questo Tony Effe ex sodale di Fedez con la nuova fiamma la creatrice digitale, di cosa non si sa, Giulia de Lellis rivale di Ferragni, “che sfoggia un anello da centomila euro”. Questa Lellis che dice “io non leggo un libro ma ne scrivo tanti”. A questo punto il cronista standard o abbozza, si getta nel pastone fetido della complicità, il battage inverecondo che tutto macina e fa trangugiare, siccome “Sanremo è Sanremo”; oppure, se vuol fingere una presa di distanza, conclude: ah, è un’arma di distrazione di massa (e maledetto il giorno che 20 anni fa inventai questa formula e subito il Travaglio, come d’abitudine, me la scippò).

No, siamo molto oltre, troppo oltre, la distrazione di massa ormai è acquisita, è consumata, abusata. Siamo alla discesa negli inferi, siamo al pandemonio che è il mondo invertito, non al contrario del parà Vannacci che sniffa il fumo passivo di canne di Fedez, siamo alla ridda dei diavoli che godono nella coprofilia, che si eccitano con le loro feci. Siamo alla lobotomizzazione praticata e irreversibile, anzi obbligata come un dovere morale, un dovere militante. Pagine e pagine per capire se un Effe si dichiara a Lellis in una cascata di rose rosse, se i testi di uno che bofonchia “meglio morta che con un altro brò brò brò” possano celare metafore dantesche o in linguadoca. I Coma Cose che cantano “Cuoricini” come Giacomo da Lentini, il cantico di Frate Sole o il canto cristiano antico, come il Marcabru trovatore occitano del 1130 con le sue “pasturele” e le sue chançon! Quando al massimo, ma proprio per esubero di allusioni, si potrebbe forse scomodare le Roman de Fauvel, poema del XIV secolo di Gervais de Bus, primissimo esempio di satira musicale in ribellione al potere di Filippo il Bello e del suo ministro criminale, il “perfido Marigny” che strutturava la prima burocrazia moderna facendo strage di templari, di piccola nobiltà, di clericali, da cui il rifiuto di Bonifacio, lo Schiaffo di Anagni, l’Europa medievale, magica. Fauvel è acronimo per i peggiori vizi, ed è un asino dittatore, è Filippo, che si unisce a Vanagloria e riempiono il mondo di piccoli somari totalitari. Tutto in musica. Storie meravigliose, arte meravigliosa!

Sanremo è un recinto di piccoli, infimi Fauvel ma la specie peggiore è quella dei giornalisti decaduti in comunicatori, cioè ruffiani e marchettari, che lo imburrano, che nobilitano la feccia. Se davvero Effe e Lellis inscenano il matrimonio sul palco dell’Ariston faranno la fine dei precedenti, i Ferragnez, a scadenza, a obsolescenza programmata ma non fino all’abisso dei tribunali, dei processi, della vergogna che non sanno provare, della realtà che non sanno abitare.

Max Del Papa, 6 febbraio 2025

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