Giustizia

Cosa non dice la sinistra sul caso Almasri

Pd & Co. contro il governo Meloni sulla gestione del presunto criminale, ma dimenticano alcuni dettagli fondamentali

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La sinistra tira dritto: il governo riferisca sul caso Almasri e “non si nasconda dietro aspetti procedurali e giudiziari che non incidono minimamente su una vicenda politica che si è già consumata”. Dal Partito Democratico al Movimento 5 Stelle, prosegue l’assalto sul caso del capo della polizia giudiziaria libica arrestato in Italia su mandato di cattura della Corte penale internazionale, poi rilasciato e rimpatriato. Ieri è saltata l’informativa prevista per oggi per la notizia delle indagini sul premier Meloni e sugli altri tre esponenti del governo per i reati di favoreggiamento e peculato. E via di proteste strumentali. Eppure c’è qualcosa che non torna e i compagni dovrebbero saperlo.

I fatti sono noti a tutti. Il 19 gennaio Almasri viene arrestato a Torino. Il giorno prima – dopo dodici giorni che il presunto criminale girovagava per l’Europa, prima in Inghilterra e poi in Germania – la Corte dell’Aja aveva emesso un mandato d’arresto nei confronti del libico. Solo il 20 gennaio la comunicazione della questura torinese giunge al dipartimento per gli affari di giustizia del ministero di Nordio, senza la preventiva trasmissione degli atti al ministro prevista dalla legge numero 237 del 2012 (che regola i rapporti di cooperazione tra Roma e la Cpi).L’uomo trascorre due notti nel carcere delle Vallette. Il 21 gennaio la Corte d’Appello di Roma non convalida l’arresto perché prima che fosse effettuato non era stato avvisato il ministro della Giustizia, titolare dei rapporti con la Cpi: questo il cavillo che fa la differenza. Quindi viene ricondotto in Libia a bordo di un volo speciale dei servizi segreti italiani. Il provvedimento della Corte d’appello di Roma viene notificato a Nordio solo a cose fatte, nel pomeriggio della stessa giornata.

La sinistra sta attaccando il governo reo di aver ignorato la Corte dell’Aja e liberato il presunto criminale Almasri. Ma la cronologia dei fatti e il diritto sono dalla parte degli esponenti del governo. E soprattutto manca un piccolo ma fondamentale passaggi in questo dibattito rovente. Almasri è sì un volto di spicco dell’apparato libico in materia di immigrazione. E Pd & Co. non sottolineano che lo schema d’accordo con la Libia per trattenere i migranti non l’ha inventato Giorgia Meloni ma è previsto nel Memorandum firmato nel 2017 siglato dall’allora ministro dell’Interno dem Marco Minniti. L’accordo fu messo nero su bianco a causa della proiezione di 250 mila sbarchi in un anno, cifre assolutamente impossibili da gestire per Roma. Con questo documento venne raggiunto un accordo con tanto di patti con le tribù locali e la guardia costiera di Tripoli. Negli ultimi otto anni il Memorandum tra Italia e Libia non è mai stato contraddetto, anzi è sempre stato rinnovato con la soddisfazione delle parti. Prima nel 2020 dal governo Conte II composto da M5s, Pd, LeU, Italia Viva e MAIE, poi nel 2023 dal governo Meloni. Governi di segno diverso, non è roba delle “destre”.

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E non è ancora tutto. Come evidenziato dal Giornale, resta da chiarire il vero ruolo di Almasri. Ha molte vite sulla coscienza probabilmente, ma in realtà non si occupa di  migranti. Nella prigione dell’aeroporto di Mitiga controllato da Rada – milizia di cui è numero due – non ci sono richiedenti asilo tra i detenuti, bensì terroristi dell’Isis. Emblematico il dettaglio che il carcere è sotto stretto monitoraggio di Cia e MI6, ossia il controspionaggio estero di Usa e Gran Bretagna. E c’è un altro dettaglio che non va sottovalutato: quando è stato rilasciato dal carcere di Torino e messo su un aereo dell’intelligence, secondo una fonte del quotidiano di Sallusti Almasri avrebbe chiesto di essere portato non in Libia ma in Inghilterra, a Londra, doveva aveva soggiornato indisturbato dal 6 al 13 gennaio.

Franco Lodige, 29 gennaio 2025

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