Cosa non torna nelle scuse milionarie di Chiara Ferragni

L’influencer fa mea culpa sul pandoro-gate: “Ammetto l’errore”. Ma conferma il ricorso al Tar contro l’Antitrust

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Sguardo intristito. Lacrimuccia pronta a scendere. Maglietta grigia d’ordinanza stile penitente. Chiara Ferragni non può più far finta di nulla, ammette di essere stata beccata con le mani nella marmellata e fa pubblica ammenda per il pandoro-gate. Dopo averci rimesso un milioncino a causa della multa dell’Antitrust, adesso la moglie di Fedez staccherà un altro assegno diretto all’ospedale Regina Margherita di Torino. Stesso importo, ma stavolta beneficenza vera.

Tutto è bene quel che finisce bene? Per i bambini del reparto ospedaliero, certo. Ma occorre analizzare un paio di passaggi. La regina delle influencer, attaccata dal palco di Atreju pure dal premier Giorgia Meloni, dopo tre giorni di polemiche ha deciso di metterci la faccia. E non con uno scarno comunicato scritto, come avvenuto a poche ore dal blitz dell’Antitrust che l’accusava di pratica commerciale scorretta. E neppure mandando avanti il claudicante Fedez, col suo rivedibile filmato. Chiara stavolta sceglie di registrare un video per mostrare a pieno il pentimento, vero o teatrale che sia. Niente frustate, cilicio o dieci Ave Maria di penitenza, solo quello che tutti si aspettavano: ovvero una bella ripulita alla reputazione grazie ad un cospicuo conto in banca. Giusto “per dare concretezza”.

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Il filmato è il solito moralismo in salsa Ferragnez. I più fortunati “hanno la responsabilità morale di fare del bene”; “questi sono i valori che hanno sempre spinto me e la mia famiglia”; ai nostri figli “insegniamo che si può anche sbagliare” e che, quando capita, “bisogna ammettere e rimediare all’errore fatto”. Clap clap.

Chiara Ferragni però non chiede scusa per la campagna pubblicitaria in sé, ma solo per “l’errore di comunicazione”, cui rimedierà in futuro “separando completamente qualsiasi attività di beneficienza dalle attività commerciali”. Il punto però è un altro. In quel caso Ferragni non fece proprio nulla di caritatevole: la donazione fu tutta a carico della Balocco e nulla c’azzeccava con la quantità di vendite del prodotto, eppure lo staff della influencer insisteva per infilare nel comunicato stampa questo particolare. Le mail pubblicate dall’Antitrust parlano chiaro. Derubricarlo a “errore di comunicazione”, come se uno sbadato stagista dello staff avesse commesso un refuso, sembra un tantino riduttivo.

Ferragni infatti non demorde. Ritiene il provvedimento dell’Agcm “sproporzionato e ingiusto” e procederà con l’annunciato ricorso. E anche qui non si capisce bene il perché: se effettivamente c’è stato un malinteso, se “legare con la comunicazione una attività commerciale a una di solidarietà” è stato uno sbaglio, se è mancato “un controllo sufficiente” capace di provocare “equivoci”, perché ricorrere al Tar? Tanto più se la differenza tra la sanzione definitiva e quel milione di euro deciso dall’Antitrust lo verserà comunque in beneficenza.

E poi: c’era bisogno di una multa così salata per accorgersi di aver commesso uno svarione? La polemica vera e propria, grazie ad un articolo di Selvaggia Lucarelli, non risale a questi ultimi giorni. Scoppiò un anno esatto fa proprio in concomitanza col lancio dell’operazione Pink Christmas. Se errore c’è stato, come mai scusarsi solo ora? Così sa di ripiego: sembra proprio che la generosa donazione avvenga solo perché è stata beccata. I più maliziosi diranno che forse in un primo momento Ferragni sperava di poter combattere a testa alta, ma che poi il calo di follower (-10mila in pochi giorni, calcola il Giornale) e le tante critiche ricevute l’avranno convinta a cospargersi il capo di cenere.

Ps: Chiara ci fa sapere che “nei prossimi giorni” parlerà con l’ospedale “per capire come utilizzerà la somma da me donata” e ci racconterà “periodicamente gli aggiornamenti” tra mille sorrisi. In barba al principio secondo cui la carità sarebbe meglio non ostentarla.

Giuseppe De Lorenzo, 18 dicembre 2023

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