Giustizia

Cosa non torna nell’inchiesta su Toti

Terremoto politico in Liguria con l’arresto del governatore. Ma molte coincidenze sono alquanto sospette

Giovanni Toti agli arresti domiciliari

Ieri è scoppiato il terremoto politico-giudiziario in Liguria. Il presidente Giovanni Toti è stato raggiunto da un’ordinanza di custodia cautelare con arresti domiciliari. L’ipotesi di reato è di corruzione per l’esercizio della funzione e per atti contrari ai doveri d’ufficio. Riflettori accesi sulle elezioni regionali del 2020, coinvolte altre nove persone tra le quali il capo di gabinetto del presidente ligure, Matteo Cozzani, l’imprenditore Aldo Spinelli e l’ad Iren Paolo Emilio Signorini. Le autorità hanno sequestrato 570 mila euro nei confronti di alcuni imprenditori.

Per il gip di Genova Paola Faggioni l’arresto di Toti – che si è detto “tranquillo” – è legato al pericolo di reiterazione del reato che emerge “dalla stessa sorprendente disinvoltura con cui Toti manifesta il proposito di ricorrere a richieste di denaro agli imprenditori, sfruttando la momentanea soddisfazione per gli obiettivi imprenditoriali realizzati anche in seguito al proprio intervento”, si legge nell’ordinanza di oltre 650 pagine. La sinistra ha colto la palla al balzo per invocare le dimissioni del governatore e il ritorno alle urne, dimenticando come sempre il garantismo quando non si tratta di un compagnuccio. Ma sono diversi gli aspetti che non tornano in questa vicenda…

Entriamo nel dettaglio delle accuse a Toti, raggiunto dai finanzieri alle 3 di notte all’hotel Lolli di Sanremo, già di per sé un’anomalia se si considera che le indagini risalgono a tre anni fa e che la richiesta di custodia cautelare è stata avanzata a dicembre. Era davvero necessario dargli la “caccia” fuori Genova alle prime luci dell’alba?

Il fascicolo aperto riguarda le presunte tangenti in porto. Il governatore sarebbe coinvolto nel sistema di potere che ha indirizzato le operazioni politico-amministrative che si sono svolte in Liguria negli ultimi anni, ivi compresa la gestione, concessa fino al 2051, del Terminal Rinfuse, gestito dalla società Terminal Rinfuse Genova srl., controllata al 55% dalla Spinelli S.r.l. Toti avrebbe ricevuto dei soldi per agevolare le pratiche edilizie per due supermercati Esselunga e per velocizzare il rinnovo di concessioni portuali e trasformare spiagge da libere a private. In soldoni: Toti avrebbe ricevuto poco più di 74 mila euro tra finanziamenti al suo Comitato e cene elettorali. Davvero il governatore ligure avrebbe rischiato la carriera politica e soprattutto la galera per una cifra del genere? Non parliamo di milioni, nemmeno di centinaia di migliaia di euro. Peraltro tutti debitamente versati con regolari bonifici, non esattamente le modalità di finanziamento preferita dai lestofanti. Massima fiducia nella magistratura, sia chiaro, ma il dubbio sorge naturale.

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Un altro aspetto piuttosto particolare riguarda le tempistiche. I fatti risalgono ad alcuni anni fa, l’inchiesta non è di certo nata ieri ma molto tempo addietro. Come mai sono state attivate le richieste di provvedimenti di tutela cautelare dopo anni? Fatto insolito. Anche il ministro Carlo Nordio ha posto l’accento su questo dettaglio, sottolineando che il pericolo di inquinamento delle prove e la reiterazione del reato sono motivi per cui si può arrestare e dopo tanti anni dall’evento che si è verificato e dalle indagini è difficile che possano ancora sussistere.

Andiamo avanti. Come già anticipato, le esigenze cautelari per Toti sono scattate per “il pericolo attuale concreto che l’indagato commetta altri gravi reati”, in particolare “che possa reiterare in occasione delle prossime elezioni analoghe condotte corruttive, mettendo al propria funzione al servizio di interessi privati in cambio di utilità per sè e per gli altri”. E allora torniamo alle parole del Guardasigilli: la reiterazione del reato dopo tanti anni dall’evento che si è verificato è difficile che possa ancora sussistere. Era dunque necessario procedere con gli arresti domiciliari? O è una soluzione “ideale” per una vicenda dall’importante risalto mediatico? Del resto non c’è la pistola fumante e nemmeno la flagranza di reato. Chi vuol intendere…

Insomma, sottoporre agli arresti domiciliari Toti per presunti eventi corruttivi avvenuti anni addietro suscita qualche dubbio soprattutto se l’evento avviene a 30 giorni da una competizione elettorale, ossia le europee. Parlare di giustizia ad orologeria forse non è vittimismo, non è iperbolico. Altrimenti non si spiegherebbe la clamorosa distanza tra la richiesta della Procura, datata 27 dicembre 2023, e la decisione del giudice. D’altronde nell’ordinanza viene sottolineato che l’azione è scattata proprio in vista del voto per l’Europarlamento. Più chiaro di così.

Infine, una puntualizzazione sul prolisso comunicato diffuso dalla Procura genovese sull’inchiesta. Non troviamo condizionali, non troviamo cautela, non troviamo garantismo. Ma un lungo elenco di dettagli, di particolari più o meno importanti, utili solo ad alimentare il dibattito mediatico e la conseguente gogna. Leggendo la lunga nota, non sembrano esistere ipotesi, ma certezze: frasi nette, perentorie, come se la sentenza fosse già scritta. Dimenticando che, come già visto in altri casi clamorosi, una volta celebrato il processo il castello di carte potrebbe anche sgretolarsi: spesso famose retate si sono concluse con altrettanto clamorose assoluzioni a carriera politica però ormai distrutta.

Franco Lodige, 8 maggio 2024

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