Il problema della classe dirigente di questo capitalismo, che io chiamo CEO capitalism, è di avere scarse capacità di execution, tanto che i timidi segni di una vaga execution da parte del governo di Mario Draghi e del generale Francesco Paolo Figliuolo sembrano eccezionali, quando invece dovrebbero essere normali per dei leader politici.
L’errore di rimandare le decisioni
Temo che le nostre élite abbiano capito poco di cosa ci attende nel post virus. Una frase ricorrente dei CEO capitalist è che ci vogliano soluzioni complesse per situazioni complesse: un modo elegante e colto per rimandare le decisioni, cioè guadagnare tempo, sperando che altri si prendano le responsabilità o che il tempo stesso decida per loro. Se leggete il libro di Giovanni Maddalena La filosofia del gesto (Carocci Editori, 2021) capirete perché la frase mantra delle soluzioni complesse per problemi complessi sia profondamente errata, e anche perché sia così diffusa. Al contrario, a situazioni complesse (tutte le situazioni lo sono) corrisponde una decisione sintetica, un “gesto” che incarni le idee o gli ideali in un’azione e che apra la strada a nuove interpretazioni, soluzioni, direzioni. Molti non hanno ancora capito che le soluzioni semplici sono vincenti.
Trovare il “gesto” definitivo
Quando divenni CEO di due aziende fallite, decisi che per risolvere la drammatica soluzione, occorreva un “gesto”, che divenne subito “il gesto” definitivo, un atto folle nella sua semplicità. Mi convinsi che la salvezza delle due aziende poteva avvenire sono fondendole, integrandole, a condizione di dimezzare i costi e raddoppiare il fatturato. Un obiettivo folle che poteva essere realizzato in un solo modo, semplice nella sua radicalità: chiudere d’imperio, in 24 ore, i due Quartier Generali (uno in Italia, uno in Pennsylvania, per complessivi 700 alti funzionari dediti alle strategie, al marketing, al controllo) creando un nuovo QG di 20 persone a Londra. La quasi totalità dei processi burocratici, del know how culturale furono semplicemente distrutti. Come? Eliminando il lavoro che costoro facevano, semplificandolo al punto che 20 persone di vertice erano sufficienti alla bisogna, Ma ci voleva un “gesto”. Un “gesto” di inaudito coraggio.
I sopravvissuti si identificarono nell’obiettivo alla cui execution dedicarono cinque anni della loro vita. Tanti i “gesti” che ne seguirono, ma uno solo fu il “gesto” che li “segnò” per sempre. L’ambizione di poter dire, un giorno: io c’ero! Mostruosa la carica motivazionale di questi colleghi, in gran parte giovani, in una notte, trasformati, con un “gesto”, in leader. Dice la dottrina: “Simboli e significati sono aspetti essenziali del comportamento umano, formando la base dell’azione collettiva e dell’ordine sociale del sistema organizzativo” (M. Alvesson e P.O. Berg “L’organizzazione e i suoi simboli” Raffaele Cortina Editore 1993).
Sensibilità estetica e coerenza logica
Sostiene la “filosofia del gesto” che se non si arriva all’execution è perché non siamo stati ben educati, coltivando un solo aspetto del ragionamento, quello analitico – importante e necessario – sottovalutando però l’aspetto sintetico. Per prendere una decisione non basta mettere insieme i pezzi dell’analisi pensando di arrivare così a una soluzione naturale, senza dover discutere o sperimentare alternative. Chiunque abbia preso una decisione in vita sua o abbia fatto qualcosa di creativo sa che le cose non stanno così. Bisogna avere sia una sensibilità estetica, sia una solida coerenza logica, armonizzando il tutto. Così ci si aprirà a nuove idee e a nuove situazioni, ma l’inizio è sempre e solo il “gesto”.
I “gesti” sintetici di tante cose importanti della vita, come l’amore, la religione, il lavoro e la politica, ma anche la scienza, la tecnologia, la letteratura, sono tutti imparentati. Chi pensa che la scienza sia il luogo della conoscenza vera, il sapere umanistico un luogo di chiacchiere e la vita lavorativa quella del fare, come se ogni cosa escludesse le altre, non ha capito che invece è proprio dalla completezza umana che nasce la possibilità di scienziati creativi che scoprono qualcosa, di CEO amanti del prodotto e non solo del processo, di umanisti competenti e rilevanti per tutti.
In fondo, siamo nel settecentenario di Dante, al quale adesso tutti si accodano, dimenticando di aver utilizzato per anni la parola “medievale” con disprezzo, reso evidente dal posizionamento delle loro bocche alto borghesi a culo di gallina. Quella di Dante è “solo” poesia? No, è un “gesto” pieno di competenza scientifica, di rigore logico, di amore, di morte, di religione. Va tutto insieme, nella vita e nell’opera dei grandi uomini. Se fossimo un po’ più “medievali”, forse avremmo una classe dirigente meno incapace di prendere decisioni coraggiose, in situazioni complesse, come quella che stiamo vivendo. Penso solo a quella dei migranti, un caso classico. Se lo affronti con la modalità convenzionale del ragionamento analitico, assemblando tante analisi, come hanno fatto finora questi leader di panna montata, non ne esci,
Invece se ti confronti con il ragionamento sintetico e la contro intuizione arrivi a una soluzione. Che c’è. Ogni problema ha una soluzione. Che comincia da un “gesto”.
Riccardo Ruggeri, 23 maggio 2021