I cretinetti di sinistra sono il nostro core business e va bene, il problema è che non si riesce a stargli dietro. Prendi il Sabato Europeista nel cerchio di fuoco: come fai a contare tutte le puttanate Giocoforza devi scegliere fior da fiore, il che dà un’idea molto, ma molto lacunosa della geometrica scemenza dei convenuti, gente che vuol spiegare e spiegarti com’è nella purezza delle sue contraddizioni, bellicista? No, per la pace, disarmata? No per il riarmo di tipo romano, dissuasivo, contro la Russia? No, per la Ue, democratica? Certo, a costo di autoritarismo.
Il cretino di sinistra va di aporie, si dà credito e perciò lo pretende, interdetto dalla narcosi patologia, dai giochi dialettici della sottocultura consumistica che si ammantata di valori. Ma che la faccenda sia truccata si capisce prima di subito, col coretto Bella ciao, un inno alla noia, altro che alla gioia. Stelle rosse truccate da europee e le fanfaronate dei predicatori, e degli scriba, sono degne del fascismo più ridicolo, da adunata, da conformismo incamiciato: la megalomania dell’impresario Serra, siamo tanti siamo un popolo (trentamila secondo loro stessi), la confusione non solo lessicale di Claudio Bisio, sono un europeo e sono qui perché il mio amico Serra ha lanciato un sasso, come Davide con la fionda, i nonsense esistenziali di Calenda, ci dicono belligeranti? La forza e la libertà stanno insieme, la prosa da istituto Luce di Roncone, la bolgia di idee sull’Europa e sul futuro, le idee, proprio quelle che nessuno, né oggi né mai, ha saputo spremere.
Bolgia? Ma no, fiera della vanità, che tristezza i soliti babbioni maestroni e i cretini fanno: iiih, come al concerto o allo stadio, iiih perché quello di sinistra si dà un tono anche quando fa la ola. Pare qualche volonteroso dica alla Elly vai avanti, dimenticando di indicarle dove; lei concilia gli assurdi, come Calenda, noi del Pd siamo pacifisti ma con spirito federalista. Come dire tutto e il contrario di tutto, pacifisti col moschetto, senza libro. Poi ci sono i vanitosi a batteria come gli impresari Bonelli&Fratoianni in piazza con la sciarpa della pace.
Contro Putin, per dire contro Trump: non cambiano mai, licenza di delirare ma sempre con sofferta convinzione. E ci vuole davvero la protervia un po’ patetica del sindaco romano Gualtieri per dire che questa piazza è piena di un messaggio popolare ma non populista, quando è l’esatto contrario, è il populismo delle frasi fatte, degli slogan che mascherano la totale confusione, dei modi di dire che tradiscono sempre la solita arroganza, il siate più stupidi che Serra rivolge ai politici d’area per dire siamo già abbastanza intelligenti, voi semplificate, che a complicare tutto ci siamo noi umoristi, noi intellettuali. Tutti che parlano, nessuno rinuncia, non certo il novantenne Augias che rispolvera rimembranze novecentesche, oggi è ancora Ventotene. L’abbiamo detto che il sabato pomeriggio romano di quelli che si credono furbi rigurgita fuffa retorica. E Dio mio lo Scurati che vuole il riarmo perché noi non invadiamo, non ammazziamo noi, e Dio mio Jovanotti che vive nelle sue canzonette, e Dio mio la Littizzetto che riesce anche oggi ad infilarci dentro il LGBTQ, che con i droni e le baionette c’entra come i cavoli a merenda ma non ha torto se si pensa che l’Europa è quella roba lì, e tutto lo zumpapà dei fessi che appena sentono nominare la Costituzione si mettono sull’attenti e applaudono, sbarcano pure i sanniti mastelliani ma divisi dal Pd locale.
E Mattarella che dall’ermo colle sorveglia tutto, si sente che c’è in spirito e benedice tutti con i suoi strazianti sorrisi, tutti, anche i fanatici che fanno gli psicodrammi sull’assenza dei grillini, ecco a cosa si riduce la consistenza contenutistica della piazza, passerotto, vattene pur via, in questo sabato pomeriggio preprimaverile dove le intenzioni appassiscono e le rosse parole di fuffa sbocciano gagliarde nelle serre di autocompiacimento. Dio delle città e dell’imbecillità, avete riempito, vi siete contati, abbelliti, sentiti tanto degni, vi siete piaciuti, riconosciuti, avete sfoggiato la concordanza dei “diversi ma simili”, come dice l’impresario, a velare i soliti rancori e invidie e disprezzo, perché questo voi siete, comunisti imbevuti nell’odio. A una certa la piazza si scioglie e tutti si sparpagliano per le vie del centro, tornano nei loro piccoli bunker fatti di menfreghismo e di risentimento, di calcolo e di diffidenza, tornano alle apericene solidali.
Certo però eravamo tantissimi, trentamila, un popolo, insomma, popolino, popolaccio, però potenti, madò, se ci girano i ball possiamo fa anche un golpe, siamo belli siamo tanti, siamo non belligeranti, ma neanche disarmati, ci pigliamo i ristoranti. Ammazza oh che successo, che sabato pomeriggio, e adesso che avete riempito piazza del Popolo cosa ve ne fate?
Max Del Papa, 15 marzo 2025
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