Una pericolosità sociale «evincibile dall’inaudita gravità e manifesta disumanità» che ha mostrato contro la «giovane donna con cui aveva vissuto una relazione sentimentale». È così che Filippo Turetta è stato descritto dal gip di Venezia Benedetta Vitolo nell’ordinanza di custodia cautelare in carcere per il ventiduenne fermato in Germania dopo una fuga di quasi mille chilometri, avvenuta in seguito all’ efferata uccisione dell’ex fidanzata Giulia Cecchettin. Detenuto nel penitenziario di Halle, oggi il tribunale tedesco di Naumburg ha dato il via libera all’estradizione del giovane: verrà affidato ai carabinieri e riportato in Italia. Anche qui in custodia cautelare.
Il viceministro su X ha ringraziato “la giustizia tedesca” per “i tempi rapidi con cui ha operato”. Fermato vicino Lipsia sulla sua Punto nera, Turetta era stato raggiunto da un mandato di cattura europeo che ne ha permesso la custodia nelle galere tedesche. La procura italiana si è subito mossa per chiedere l’estradizione, a cui il giovane non si è opposto accelerando così il processo di rimpatrio in Italia. Che a questo punto potrebbe avvenire su un volo di linea, ovviamente scortato. Di fronte ai poliziotti tedeschi, Turetta avrebbe ammesso tutto. Nel verbale, rivelato dall’Agi, si legge: “Ho ammazzato la mia fidanzata, ho vagato questi sette giorni perché cercavo di farla finita, ho pensato più volte di andarmi a schiantare contro un ostacolo e più volte mi sono buttato un coltello contro la gola ma non ho avuto il coraggio di farla finita”.
Ma torniamo all’ordinanza da cui emergono dei dettagli macabri sul femminicidio della ventiduenne, che ha cercato di restare aggrappata alla vita fino alla fine. Giulia Cecchettin infatti avrebbe lottato con tutte le sue forze prima di arrendersi al suo carnefice. Il capo di imputazione dell’ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip di Venezia Benedetta Vitolo contro Turetta riporta ciò che è accaduto la sera dell’11 novembre scorso. Una serata che avrebbe dovuto essere come tutte le altre e che, invece, si è trasformata in una scena del crimine con dinamiche raccapriccianti. I due giovani, dopo una serata passata insieme a scegliere il vestito per la laurea di Giulia, che sarebbe stata il 16 novembre, hanno iniziato a litigare nel parcheggio di via Aldo Moro, a circa 150 metri dalla casa di Giulia. Una lite ripresa dalle telecamere che restituiscono, minuto per minuto, l’abominevole vicenda. Dinamiche che hanno portato il gip a concludere che ci fosse una nitida volontà di uccidere. Nei confronti di Filippo Turetta, arrestato per omicidio volontario aggravato dal legame affettivo e sequestro di persona, c’è un «grave quadro indiziario» da cui emerge una volontà omicidiaria «resa palese dalle modalità dell’aggressione».
Si è trattato di un’aggressione «in due fasi», di una morte per «shock emorragico». Nell’area industriale di Fossò, Filippo Turetta ha aggredito Giulia «violentemente provocandone la caduta». La studentessa nella caduta batte la testa sull’asfalto. Le «ulteriori ferite», la perdita di tanto sangue, «che determinavano, insieme ad altre lesioni, anche derivanti da ripetuti colpi da arma da taglio» il decesso. La ragazza «viene aggredita con ripetuti calci mentre si trovava a terra, tanto da farle gridare ’mi fai male’ invocando contestualmente aiuto», probabilmente già accoltellata e poi costretta a risalire in auto, a continuare quel viaggio fino alla zona industriale. Sono quattro chilometri che si percorrono in auto in sei minuti. Giulia Cecchettin sarebbe stata accoltellata a 150 metri da casa, poi finita nella zona industriale di Fossò, dove la scena ripresa da una telecamera di videosorveglianza mostra i suoi ultimi istanti di vita. È proprio per la condotta di una violenza inaudita che, per il gip, Filippo Turetta deve stare in carcere, in quanto potrebbe uccidere altre donne. “Turetta con questa aggressione a più riprese e di inaudita ferocia ai danni della giovane fidanzata, prossima alla laurea, ha dimostrato una totale incapacità di autocontrollo”.
Elementi idonei «a fondare un giudizio di estrema pericolosità», che «desta allarme» dato che «i femminicidi sono all’ordine del giorno». Il giovane appare «imprevedibile, perché dopo aver condotto una vita all’insegna di un’apparente normalità, ha improvvisamente posto in essere questo gesto folle e sconsiderato», si legge nel provvedimento. Nel commettere il crimine efferato Filippo Turetta ha usato del nastro adesivo per impedire a Giulia di gridare. Il nastro adesivo, sequestrato dai carabinieri accanto alla vistosa traccia di sangue trovata nella zona industriale di Fossò, è stato «applicato» da Filippo Turetta «probabilmente per impedire di gridare» a Giulia Cecchettin. Per gli inquirenti «Giulia è stata privata della libertà di movimento» – tanto che un testimone la sente urlare più volte – per costringerla a restare accanto a Filippo nell’auto che si è diretta verso la zona industriale di Fossò dove la ventiduenne è stata uccisa. Un’aggressione disumana scandita dalle riprese delle telecamere.
Dopo il ritrovamento del cadavere di Giulia, è stato riformulato il capo di imputazione, passando dall’iniziale tentato omicidio a omicidio volontario, come confermato dal Procuratore capo della Procura di Venezia, Bruno Cherchi. Il ragazzo non è stato interrogato nel carcere di Halle. La fuga verso la Germania era durata sette giorni, in cui ha percorso quasi mille chilometri. «Turetta non si è costituito, ma è stato prontamente individuato», ha ricordato il procuratore Cherchi, che ha escluso che Filippo Turetta abbia avuto dei complici: «Questa fuga non poteva durare più di tanto, proprio perché si tratta di un soggetto non inserito in ambiti di criminalità organizzata. Per cui gli appoggi esterni, anche se ci fossero stati, sarebbero stati limitati e infatti è andata esattamente così». L’auto su cui ha viaggiato il ventiduenne, una Grande Punto, si trova in Germania. É stata presa in consegna dalle autorità dopo l’arresto sull’autostrada tedesca a poca distanza da Bad Durremberg, nel nord della Germania, vicino Lipsia.
Il capo dell’ufficio giudiziario veneziano ha chiarito inoltre che l’omicidio volontario, allo stato, è una imputazione provvisoria: «Vanno fatti tutti gli accertamenti tecnici sui luoghi, sui reperti, sulla macchina, dobbiamo sentire la versione dei fatti di Turetta, e solo a quel punto si potrà fare un’imputazione più completa». La procura della Repubblica di Venezia ha inserito, nell’ipotesi di reato di omicidio l’aggravante della premeditazione, che fa salire il minimo di pena da 21 a 24 anni. E prevede la pena massima dell’ergastolo. Tempi tecnici più lunghi anche per l’autopsia sul corpo di Giulia, che sarà effettuata all’istituto di Medicina legale di Padova. Necessario il conferimento dell’incarico ai consulenti, della Procura e delle parti.
Per comporre il quadro dell’accaduto i magistrati della Procura di Venezia hanno bisogno dell’esito dell’esame autoptico, degli accertamenti tecnici sui tanti reperti – un coltello spezzato, la Fiat Punto dell’indagato, le macchie di sangue, i sacchi neri sequestrati sul fossato del lago di Barcis, a poca distanza dal cadavere di Giulia – raccolti dai Carabinieri.
E serve la versione del presunto assassino. Il legale del ragazzo non esclude, se necessario, di ricorrere ad una perizia psichiatrica.
“Un coltello da cucina, della lunghezza di 21 centimetri, privo del manico”, è questo il coltello spezzato con cui Turetta potrebbe aver ucciso Giulia. L’arma è stata trovata nella zona industriale di Fossò, in provincia di Venezia, nel corso dei rilievi della scorsa settimana. Si tratta della zona dove Turetta ha aggredito Giulia Cecchettin, caricandola a forza sulla Fiat Grande Punto nera. Al vaglio tutti i reperti sequestrati sul fossato del lago di Barcis, a poca distanza dal cadavere di Giulia adagiato in una spelonca, in un canale che confluisce nel lago di Barcis.
È questa la fine fatta da un ventiduenne prossima alla laurea e per i cui preparativi si era sempre mostrata euforica. Una laurea in Ingegneria biomedica. «Giulia doveva laurearsi giovedì scorso, il suo cognome, Cecchettin, era il primo, era attesa alle 8 e mezza per una laurea in ingegneria. Una laurea che ci sarà, ci sarà di sicuro. Ma questo è il momento di rispettare il dolore della famiglia, del papà e dei fratelli di Giulia. Quando sarà il momento, contatteremo la famiglia per una cerimonia con le tempistiche e le modalità che la famiglia vorrà accettare», ha detto la rettrice dell’Università di Padova, Maddalena Mapelli, durante un convegno in aula magna aperto con un minuto di silenzio in ricordo di Giulia.
Tra così tanta violenza commessa su Giulia ecco però un gesto d’affetto nei suoi confronti: una corona d’alloro portata da Luca, giovane architetto. «È la corona di alloro della mia laurea. Mi sentivo di donarla a Giulia se la famiglia la vorrà conservare. È il minimo che si possa fare», ha spiegato. «Sarebbe stato bello se l’avesse ricevuta da suo padre», ha concluso. Un gesto che dimostra come «non tutti gli uomini sono Filippo Turetta».
Nemes Sicari, 22 novembre 2023