L’asse con la Cina
Oltre ad aver sabotato l’autorità di Trump, il capo degli Stati maggiori riuniti delle forze armate americane è accusato, dalle colonne del Washington Post, di aver tenuto due conversazioni molto scottanti, una a ottobre e una a gennaio, con l’avversario principe degli Usa: la Cina. Il 30 ottobre 2020, quattro giorni prima delle Presidenziali, Milley si confronta con il suo omologo a Pechino, il generale Li: “Voglio assicurarti che il governo americano è stabile e tutto andrà per il verso giusto”. In un altro passaggio della telefonata, il generale Usa si sarebbe spinto oltre la consueta riservatezza che i suoi gradi impongono: “Non stiamo preparando nessuna operazione contro di voi. Generale Li, noi ci conosciamo ormai da cinque anni, se dovessimo attaccare, vi informerei in anticipo. Non sarà una sorpresa”.
Vari esponenti politici repubblicani, tra cui il senatore della Florida Marco Rubio, hanno già dichiarato che se le accuse del libro fossero comprovate, il generale Milley dovrebbe dimettersi immediatamente e presentarsi davanti al Congresso per aver violato gli articoli 92 e 94 del Codice di giustizia militare, che riguardano accuse pesantissime come la sedizione e il tradimento. Ai militari non solo è vietata ogni attività di “intelligence col nemico”, ma anche intervenire in ogni tipo di operazione politica, che non sia di semplice consulenza per il loro ruolo, e che vada a minare l’autorità eletta legittimamente in carica. A partire, ovviamente, da quella del presidente degli Stati Uniti, che è anche il capo delle Forze Armate.
Media mainstream elogiano Milley
E mentre i media dell’informazione mainstream, a partire dalla Cnn, elogiano in coro Milley come l’eroe che avrebbe sventato un potenziale attacco alla Cina con armi nucleari, il generale si è limitato a far trapelare che non ci sono mai stati vertici segreti al Pentagono ma solo due “chiamate di routine” per rassicurare Pechino sulla tenuta del governo americano. Semplici azioni di diplomazia militare, “per non dare segnali di aggressività né di passività” all’esterno.
Vere o false che si rivelino queste ricostruzioni, l’America oggi si è svegliata in un clima più cupo. Con la popolarità del presidente Biden in caduta e con un sempre più impacciato segretario di Stato Antony Blinken inchiodato sulla disastrosa ritirata dall’Afghanistan e su tutto quello che ancora potrebbe capitare agli americani rimasti a Kabul. Ormai al presidente Usa pare essere rimasto, in pubblico, il solo argomento dell’obbligo vaccinale, esteso a tutta la popolazione eccetto che ai parlamentari e agli impiegati delle Poste. Ma anche quest’argomento, di giorno in giorno, assomiglia sempre più a un’arma. Non nucleare, ma di distrazione di massa.
Beatrice Nencha, 16 settembre 2021