Così la liturgia del terrore ci fa accettare un regime poco democratico

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Lunedì scorso, ospite di Agorà, in onda la mattina su Rai3, Federico Rampini ha espresso un concetto sul quale mi trovo piuttosto d’accordo. Sul tema delle restrizioni che un po’ ovunque sono state adottate per contenere il Covid-19, il noto giornalista ha detto, in sintesi, che in tal modo i vari governi democratici hanno potuto sperimentare fino a dove era possibile spingersi. E una volta compreso che non era praticabile sul piano del consenso andare oltre, molti di essi si sono fermati e, spesso, sono tornati sui propri passi. Tutto questo poi, ha aggiunto Rampini, senza considerare gli enormi costi sociali, economici e psicologici determinati dalle stesse restrizioni.

In tal senso, occorre aggiungere, qualunque partito che abbia una vocazione di governo tende per ovvie ragioni ad essere il più possibile inclusivo. Ciò lo spinge a trovare sempre validi elementi di mediazione, in modo da non schiacciare completamente le varie minoranze che si formano su qualunque aspetto in cui è prevalente la decisione politica. Ora, se applichiamo questo ragionamento al nostro Paese, in cui nel complesso di questi due anni sono state adottate le misure più dure del mondo avanzato, dobbiamo dedurre che il consenso in favore delle medesime misure risulta talmente schiacciante, da non lasciare nessuno spazio di trattativa politica alla composita minoranza di chi non le condivide in tutto o in parte.

Evidentemente, se coloro i quali tengono le redini del sistema politico pensano di potersi permettere le incredibili giravolte a cui assistiamo attoniti in questi ultimi mesi (green pass a durata variabile, super green pass senza tampone e super green pass con il tampone, seconda dose del vaccino definitiva e terza dose per le varianti e poi si vedrà, mascherine all’aperto che vanno e che vengono a seconda dei contagi e chi più ne ha più ne metta), vuol dire che essi fiutano la grande adesione che simili provvedimenti riscuotono presso la grande platea dei cittadini-elettori. Cittadini-elettori che, malgrado la presenza dei vaccini e di cure sempre più efficaci per una malattia che, occorre sempre ricordare, non rappresenta un grave rischio per le persone sane, sembrano manifestare in maniera cristallizzata la stessa paura del febbraio/marzo 2020.

Costoro, manipolati da una grande informazione che non cessa un secondo di terrorizzarli, usando la diffusione del contagio come l’inizio di una imminente ecatombe, oramai accettano qualunque restrizione purchessia, indotti a vedere in chi le contesta un nemico mortale da ostracizzare. Tutto ciò, è inutile nasconderlo, contiene in radice i germi di un regime che con la democrazia liberale ha poco a che vedere. Quando l’interazione tra politica e cittadinanza è tale da non lasciare nessun margine per le minoranze e per le sue ragioni, che in questo caso sono ben fondate su tanti aspetti, si scivola rapidamente verso una forma di totalitarismo da cui è sempre assai complicato uscire.

Claudio Romiti, 20 dicembre 2021

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