Dopo diversi mesi di protesta attraverso il digiuno contro il 41bis, Alfredo Cospito di recente proponeva una sospensione della sua opposizione in cambio dei domiciliari. Purtroppo per lui è giunto un no dal tribunale di sorveglianza di Milano ed un altro no da quello di Sassari che hanno rigettato la sua richiesta di differire la pena per gravi ragioni di salute e di andare ai domiciliari a casa di una delle due sorelle, a Viterbo.
Secondo i giudici, la condizione sanitaria di Cospito “non si palesa neppure astrattamente confliggente con il senso di umanità della pena, avuto riguardo alle condizioni oggettive del detenuto”. Condizioni, rilevano i giudici, “che, certamente precarie e a grave rischio, sono il frutto di una deliberata e consapevole scelta e attraverso l’ubicazione nel reparto ospedaliero dove si trova possono essere monitorate nel modo più attento”. Nel provvedimento del tribunale di sorveglianza di Milano si fa riferimento alla “strumentalità” dello sciopero della fame che “è assolutamente certa e ha dato corso alle patologie oggi presenti”. “Dagli atti – si legge nel rigetto firmato da Giovanna Di Rosa, presidente della Sorveglianza, e dalla giudice Ornella Anedda – risulta che la condizione clinica del detenuto è diretta conseguenza dello sciopero della fame che egli sta portando avanti fin dall’ottobre 2022. Si tratta, come dallo stesso affermato sia tramite il suo difensore, di una forma di protesta non violenta consistente nel comportamento volontario di rifiuto dell’alimentazione (con assunzione però di acqua, sale, zucchero, integratori, di recente questi ultimi rifiutati) per protestare contro il regime del 41 bis”.
Una riflessione oltre la sentenza
Per approfondire meglio la questione è fondamentale non entrare in un meccanismo di parte o di slogan carichi di “sensazionalismo”. Innanzitutto chi è Alfredo Cospito e di cosa è accusato?
Nel 2014 è stato condannato a 10 anni e 8 mesi per aver gambizzato nel 2012 l’amministratore delegato di Ansaldo Nucleare Roberto Adinolfi, atto rivendicato dalla sigla Nucleo Olga Fai-Fri, Federazione anarchica informale-Fronte rivoluzionario internazionale. Cospito è accusato anche di aver piazzato due ordigni a basso potenziale vicino alla Scuola allievi carabinieri di Fossano (Cuneo), nella notte tra il 2 e il 3 giugno del 2006. L’esplosione dei due ordigni non ha causato vittime né feriti. Cospito è il primo caso di un anarchico al 41 bis, una disposizione introdotta nell’ordinamento penitenziario italiano con una legge nel 1986 come strumento di contrasto alle mafie. Dal 20 ottobre scorso è in sciopero della fame: dopo sei anni in regime di alta sicurezza, dall’aprile 2022 gli è stato applicato il 41 bis e la sua condizione carceraria è molto peggiorata.
Le motivazioni del carcere duro nei confronti di Cospito
La decisione è motivata sulla base degli scambi epistolari che Cospito ha intrattenuto con altri anarchici durante la sua detenzione. I magistrati torinesi hanno ritenuto che, attraverso le lettere, Cospito mantenesse i legami con la sua organizzazione di riferimento. I pm di Torino hanno avviato un’indagine che ha portato a un procedimento nei confronti degli appartenenti alla Fai per i reati compiuti tra il 2003 e il 2006. Cospito è stato identificato come “capo e organizzatore di un’associazione con finalità di terrorismo” e condannato a 20 anni di reclusione in primo e secondo grado. Lo scorso mese di luglio, la Cassazione ha riformulato le accuse nei suoi confronti: strage contro la sicurezza dello Stato, reato che prevede l’ergastolo ostativo, cioè il “fine pena mai”.
Considerazioni sulla vicenda
Innanzitutto suggerisco la lettura dell’articolo pubblicato dalla nostra redazione il 24 marzo: “Mangio se mi date i domiciliari”. Cospito ora detta le condizioni. In quell’occasione, si sottolineava il rispetto per una battaglia pacifica, non violenta e nobile, ma si evidenziavano anche i dubbi in ordine allo stato di diritto. Può lo Stato cedere al ricatto di un detenuto? Ovviamente no. In fondo anche i legali dell’anarchico ritenevano l’esito di questo ricorso “scontato”. Come abbiamo più volte sottolineato su questo sito, posto il rispetto della dignità umana del detenuto, Cospito si è auto-inflitto le sofferenze che sta vivendo. Se si trova in ospedale lo deve alla sua decisione di non mangiare e diversi giudici, dai tribunali di Sorveglianza alla Cassazione, hanno più volte ribadito per il regime del 41bis nel suo caso è giustificato e proporzionale alla legge. E poiché il suo stato di salute – dicono i giudici di Sassari – è la “diretta conseguenza del digiuno”, nonché “del suo ripetuto e cosciente rifiuto di assumere le terapie consigliate”, “nessun differimento, sotto alcuna forma, può essere disposto” al detenuto. Se tornasse a mangiare, è la sintesi, starebbe di nuovo bene. E potrebbe quindi tornare dietro le sbarre.
La riforma delle carceri
Personalmente credo che l’attuale fase politica potrebbe riservare nuove iniziative o riforme sul tema della giustizia e la detenzione. Non dimentichiamo che abbiamo per la prima volta come Presidente del consiglio una donna, Giorgia Meloni. Cosa significa o comporta questo? Così come è cambiato il paradigma dell’uomo al “potere politico”, così potrebbe modificarsi la situazione del regime penitenziario. Credo che la donna sia sensibile maggiormente a determinate questioni. Considerando il retaggio culturale politico di Giorgia Meloni e la visione liberale dell’attuale Governo, offro un suggerimento non richiesto. In Italia, abbiamo bisogno di nuove strutture detentive ed una riforma in grado di prevedere una dignità anche per i carcerati. È indispensabile garantire un percorso rigenerativo della persona detenuta sia in termini spirituali che materiali.
Il carcere dovrebbe realmente essere un luogo dove poter meditare e pentirsi dei crimini e gli errori commessi, ma accompagnato da un percorso formativo del detenuto in ambito psicologico, teologico, filosofico e di materie umanistiche in grado di elevare sul piano della consapevolezza del vivere in armonia nella società civile. Inoltre, non si dovrebbe trascurare la creazione di aree di lavoro operativo di tipo artigianale e produttivo di vario genere per contrastare la noia di una lunga detenzione. Garantire un contatto con i propri cari con le dovute precauzioni al fine di sostenere anche la dura punizione della privazione dei contatti umani e della libertà. È fondamentale uscire dalla mentalità esclusivamente punitiva. L’obiettivo di una riforma carceraria dovrebbe da una parte assicurare la reintegrazione di un detenuto nella società e dall’altra scongiurare il ripetersi di un nuovo caso Cospito.
Carlo Toto, 27 marzo 2023