Francesco Cossiga è stato il capostipite dei tanti rottamatori che hanno tentato inutilmente di imitarlo, da Bossi a Grillo. Manca perché siamo circondati da guastatori e da Don Abbondio, senza palle, preparazione e coerenza. Il giorno dopo il sequestro di Moro, Cossiga mi disse che comunque sarebbe finita, anche se fosse riuscito a liberarlo, lui si sarebbe dimesso. Chapeau! Profondità di pensiero, frutto di una cultura sterminata e, come ministro dell’Interno, una conoscenza perfetta degli apparati di sicurezza, non solo italiani ma soprattutto israeliani ed inglesi, i migliori del mondo. E una visione sul futuro che andava oltre il suo mandato.
Sullo scandalo del Csm Cossiga direbbe e farebbe quello che aveva già fatto: mandare i carabinieri e fare piazza pulita. Del resto aveva sempre detto che non ci sarebbe stata la riforma della giustizia fino a quando i magistrati non si fossero arrestati tra loro. Ricordo che Cossiga ha sempre definito il Csm, provocatoriamente, un’associazione a delinquere. Il suo “vero segreto” era però quello di non aver paura di nessuno e di cantarle a tutti con coraggio. E tutti erano intimoriti dalla sua veemenza. Il presidente Ciampi più di tutti.
A odiarlo di più era il Pci che voleva farlo passare per matto perché lui ne conosceva tutti i segreti, a partire dai regolari finanziamenti dal Kgb e dal perverso gioco di alleanze tra Botteghe Oscure e settori ben precisi della magistratura inquirente. Se uno come Cossiga fosse stato Capo di Stato in una nazione diversa dall’Italia avrebbe fondato veramente la Seconda Repubblica dopo un’amnistia generale che chiudesse per sempre la stagione dei ricatti tra magistratura e politica. Così come fu dopo la fine del fascismo.
Luigi Bisignani, Adnkronos 17 agosto 2020