L'inattuale

Costituzione Moloch intoccabile? Non è un dogma di fede

Sulla nostra Carta fiumi di retorica: “È la più bella del mondo”. Ma somiglia molto a quella di Weimar, che fece nascere il nazismo

costituzione e Sergio Mattarella

Tra i molti veleni che contaminano il discorso pubblico sulle riforme costituzionali il più tremendo in assoluto è la retorica. Quel continuo ripetere sempre le stesse stucchevoli frasi, gli stessi triti concetti, i medesimi lagnosi stereotipi. Sulla Costituzione si raggiunge spesso l’acme di questo. Non c’è forza politica o sindacale, certamente in opposizione all’attuale governo, che non decanti le bellezze della nostra Carta dall’alto di qualche palco o in qualche manifestazione o festa paesana. “La più bella del mondo! La più bella del mondo!!” urlano con gli occhi luccicanti i fan sfegatati della Costituzione. Di certo essi peccano un po’ di immodestia, in quanto sono molti altri i Paesi del mondo ad avere delle costituzioni; che siano tutte più scamuffe della nostra? Forse, in ogni caso si tratta di giudizi di merito, il più delle volte interessati. Tipo quando si scelgono i gusti del gelato.

Quello che molti cantori nostrani ignorano è l’origine concettuale della nostra Costituzione. Essa nasce con il preciso intento di frammentare il più possibile il potere esecutivo al fine di evitare il ripetersi di fenomeni quali l’accentramento del potere in poche mani, prodromico all’arrivo della dittatura. I tempi erano quelli, la ferita ancora aperta. Il modello a cui i padri costituenti si rifecero fu, con tutta probabilità, quello della costituzione della Repubblica tedesca di Weimar del 1919. Tale costituzione fu ispirata dal medesimo principio, ossia bloccare sul nascere attraverso la legge qualsiasi ipotesi di assolutismo. La Germania usciva dissanguata dalla prima guerra mondiale e dall’imperialismo guglielmino, vera scaturigine del conflitto. Da qui la volontà di dotare il paese di una costituzione per la prima volta “liberale”. Ciò avvenne e la costituzione di Weimar è in effetti un valido modello di carta costituzionale ispirata a principi liberali. I nostri padri costituenti vollero, con tutta probabilità, seguire l’esempio e prendere a modello la frammentazione del potere operata da questa costituzione. Le similitudini sono molte.

La più interessante è certamente la divisione del potere esecutivo tra il presidente del Reich e il Cancelliere, divisione che ritroviamo nella nostra Costituzione nelle figure del Presidente della Repubblica e del presidente del Consiglio. Il presidente del Reich aveva un mandato di 7 anni (art. 43) proprio come il nostro capo dello Stato, ma a differenza che in Italia, nel caso di Weimar, la sua elezione era diretta espressione della volontà popolare (art. 41); il presidente del Reich aveva il comando supremo delle forze armate (art. 47) esattamente come nel nostro caso. Egli rappresentava il Reich nei rapporti internazionali e concludeva alleanze e trattati con le potenze straniere (art. 45), idem da noi. Anche l’istituto della controfirma ministeriale era previsto nella costituzione di Weimar (art. 50). La restante parte del potere esecutivo veniva poi assegnata al Cancelliere il quale necessitava della fiducia del Reichstag, il parlamento, per esercitare le sue funzioni (art. 54) e veniva nominato dal presidente stesso (art. 53). Tutto esattamente come nel nostro ordinamento costituzionale. Il cancelliere determinava l’indirizzo politico da seguire e dava direttive ai ministri, senza tuttavia possedere nessun potere specifico (art. 56), proprio come il presidente del Consiglio nel caso italiano.

La somiglianza tra le due impostazioni è evidente. In entrambe le costituzioni è implicita la volontà di sminuzzare il potere il più possibile così che nessuna delle figure dello stato possa assumere un ruolo centrale rispetto alle altre. In questo modo si può evitare il rischio di concentrazione dei poteri, ma si mina di fatto la governabilità del paese. Non a caso i successivi costituenti tedeschi videro nella caotica ed ingovernabile Germania orientata dalla costituzione di Weimar il terreno fertile su cui poi sarebbe prosperato il nazismo. Dal caos nasce l’angoscia e l’angoscia alimenta i populismi, anche i più oscuri. La costituzione tedesca post-riunificazione assegna infatti più poteri al capo del governo al fine di garantire la governabilità del paese, evitando il caos. Il presidente della Repubblica federale è un mero notaio mentre il Cancelliere e i ministri del governo possiedono molte più attribuzioni (ad esempio il comando delle forze armate è assegnato al ministro della Difesa).

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Dunque, mentre i tedeschi dopo la seconda guerra mondiale vollero assolutamente discostarsi dal modello costituzionale di Weimar considerandolo portatore di caos ed iniziatore del nazionalsocialismo, in Italia fu proprio alla costituzione di Weimar che si guardò per redigere la nostra, imitando il modello di potere frammentato e istituzionalizzando l’ingovernabilità, con gli esiti che tutti conosciamo. Ora, in che modo la riforma proposta dal governo in carica vada a deturpare la Costituzione non è ben chiaro. Essa si limita a stabilire un suffragio universale per la nomina del capo del governo, mescolando un po’ di parlamentarismo e un po’ di presidenzialismo, non andando a toccare nei fatti né i poteri del Presidente del Consiglio né quelli del Presidente della Repubblica. Una riforma assai blanda quindi, che poco ha a che vedere con i timori di deriva antidemocratica che tanto agitano i cantori della “più bella del mondo”.

La verità è che la nostra Costituzione non è particolarmente bella o particolarmente brutta. È solo un modello, neanche troppo originale (in Italia non nasce mai niente si rammenti), sul quale si può discutere. Anche se ormai è stata eretta ad intoccabile Moloch; chi la tocca è automaticamente antidemocratico. Per questo, quando non si possiedono le basi culturali per discutere nel merito o non si hanno più argomenti, ci si attacca alla Costituzione quale dogma assoluto. L’ultima difesa degli indifendibili.

Francesco Teodori, 27 maggio 2024

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