Fermi tutti, qui il caos pare regnare sovrano. Da una parte gli scivoloni di Ricciardi&co. sulla durata del vaccino J&J, dall’altra il presunto errore – svelato da Report – sulla quantità di Moderna da iniettare ai pazienti in terza dose. È stato un fine settimana tremendo quello di Aifa, ministero e virologi vari sul fronte vaccini. E le notizie che in queste ore si accavallano lasciano immaginare che la campagna vaccinale non stia proseguendo esattamente lineare.
Ricciardi e gli anticorpi di J&J
Andiamo con ordine. Come avrete letto su questo sito, alcuni giorni fa il consulente del ministro Speranza, Walter Ricciardi, è andato in tv a dire che il siero di Johnson&Johnson dopo due mesi perde di efficacia. E che dunque i poveri cristi che l’avevano ricevuto andavano immunizzati di nuovo dopo 60 giorni. Immediato il panico dei più: dal giorno alla mattina, 1,5 milioni di italiani hanno scoperto di avere in corpo un vaccino praticamente “scaduto”. Che fare? A che santo rivolgersi? L’allarme è stato poi smontato sia da Maria Rita Gismondo chee da altri illustri virologi. E il Cts dell’Aifa oggi o domani prenderà una decisione definitiva sul richiamo: tutto fa pensare, visto anche quanto fatto dall’Fda americana, che il booster arriverà dopo sei mesi. Non due, come diceva Ricciardi.
Il caso Moderna: dosaggio troppo alto?
Simile confusione si riscontra anche sul fronte Moderna. La casa farmaceutica a inizio settembre ha capito che al terzo giro la dose da iniettare nei pazienti deve essere inferiore rispetto alle precedenti. Nulla di strano, può succedere che nel corso dei mesi si debba correggere il tiro. Il problema, ha rivelato Report nell’ultima puntata, è che per alcune settimane gli anziani italiani che si sono sottoposti al booster hanno ricevuto un dosaggio troppo alto di vaccino. Capito? Ci sarebbe stato un errore di comunicazione tra Aifa e ministero della Salute. L’Agenzia per il farmaco, infatti, il 9 settembre ha dato il via libera per over 80 e ospiti delle Rsa raccomandando un dosaggio “uguale a quello autorizzato per il ciclo primario”. Cioè pieno. L’azienda che produce il farmaco, invece, ritiene che possa essere dimezzato, limitando la dose intera ai soli immunodepressi. Questo avrebbe due vantaggi: si ottengono molte più dosi, quindi si spende pure di meno; e soprattutto “è stata osservata una tendenza verso una minore reattogenicità”. Ovvero un rischio inferiore di reazioni avverse. Dopo la decisone dell’Aifa, il ministero della Salute ha chiesto ai centri vaccinali di caricare le siringhe con 100 milligrammi di siero, e così è stato fatto. Almeno fino all’8 ottobre, quando il dicastero ha cambiato idea e ha chiesto di usare solo Pfizer per il booster. Il 25 ottobre è stata l’Ema a chiudere la partita: di Moderna basta solo mezza dose.
Intanto, però, i nostri nonni quasi un mese avrebbero ricevuto una dose “extra” di vaccino. “Quindi noi abbiamo dato alcune migliaia di italiani il doppio della dose necessaria?“, ha chiesto il giornalista di Report ad Antonio Cassone, ex direttore del dipartimento Malattie Infettive dell’Iss. Risposta dell’esperto: “Si, certo: in quel momento l’Aifa non sapeva neanche che Moderna stava proponendo di abbassare il dosaggio”.