Ne parlavamo proprio pochi giorni fa, sul sito nicolaporro.it: fino a quando Xi Jinping potrà contare su un modello da Covid-Zero, fatto di restrizioni, limitazioni estreme della libertà personale, senza che la popolazione dia una risposta contraria? I casi singoli (fino a poche settimane fa) di Guangzhou e di Zhengzhou ci avevamo fatto porre qualche domanda, ma questa volta il fenomeno si sta espandendo a macchia d’olio.
Nelle ultime ore, infatti, le proteste contro i lockdown si sono estese anche nella città di Wuhan, luogo da dove tutto è iniziato tre anni fa. Centinaia di manifestanti si sono riversati nelle strade, non senza qualche tensione con le forze dell’ordine cinesi ed i vigilanti sanitari. Stessa cosa nella capitale Pechino, dove un centinaio di abitanti sono scesi in piazza per commemorare le vittime dell’incendio di Urumqi, nello Xinjiang, costata la vita a 10 persone a causa del lockdown. Una veglia fatta di candele accese e fogli bianchi alzati verso il cielo, uno dei simboli caratteristici di queste ondate di proteste contro le restrizioni ed il Partito Comunista di Xi Jinping.
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E ancora, anche Shanghai è stata protagonista di violenze tra manifestanti e polizia. La città è stata uno degli esempi estremi del conclamato (inneggiato anche in Europa) “modello cinese”. Pochi mesi fa, infatti, raccontavamo la storia di Alessandro Pavanello, produttore musicale di 31 anni, chiuso da alcuni giorni in un centro espositivo a Shanghai, dopo essere risultato positivo al Covid. Alessandro parla di “condizioni igieniche pessime”, dove “non ci sono docce, ciascuno ha un catino per lavarsi, tutti tossiscono e sputano in un grande secchio”. Un lettore qualsiasi potrebbe presumere che queste scene avvengano nelle trincee o nelle zone assediate dell’Ucraina. E invece no: è la vita di uno dei più grandi fulcri economici mondiali, di un Paese che è pronto a sorpassare gli Stati Uniti nella classifica delle superpotenze economiche globali.
Eppure, anche questa rimane una potentissima forma di controllo su quasi un miliardo e mezzo di individui: il dovere e la fedeltà nei confronti del partito sono tutto. Un dovere ed una fedeltà che, però, sembrano venir meno progressivamente, proprio a causa delle principale forma di contenimento della popolazione usata da Xi: il sistema da “contagio-zero”.
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Non è un caso che, per la prima volta, le proteste si siano estese anche alla leadership del leader comunista. Nel corso delle manifestazioni, infatti, si sono affiancati gli slogan “Xi dimettiti” ed una richiesta di svolta democratica della Cina. Svolta che però sembra essere arrivata al contrario, visto che Xi ha da poco iniziato il suo terzo mandato consecutivo, prima volta in assoluto per un leader cinese. E ancora, svolta segnata dalle ultime notizie che vengono dai mondiali di calcio in Qatar, dove le emittenti cinesi hanno censurato i tifosi senza mascherina. Livelli che neanche George Orwell in 1984 avrebbe potuto immaginare.
This is from China.
Massive protests against Xi Jinping & Communist Party of China (CCP) over its Zero-COVID Policy. pic.twitter.com/p2t7diDpsJ
— Anshul Saxena (@AskAnshul) November 27, 2022
Insomma, sotto l’ombra del Dragone sembrano porsi le basi per una nuova Tienanmen 1989. L’esito però, quella volta, fu a dir poco tragico: migliaia di vite giovani persero la vita, con proteste che furono sedate con estrema violenza dalle truppe militari inviate da Deng Xiaoping. Oggi, le misure anti-Covid hanno scatenato proteste, ribellioni, scontri in tutti i fulcri avanzati della Cina. Come reagirà Xi? È questo il dilemma più grande. E la soluzione pacifica sembra essere lontanissima.
Matteo Milanesi, 28 novembre 2022