Ancora una volta, l’Italia rimane ancorata ai ricordi della pandemia. Sì, perché a distanza di tre anni e mezzo dallo scoppio del Covid-19, il ministero della Sanità è ancora in preda a nuove regole, modifiche, provvedimenti sulla gestione del virus. Interventi che, nonostante il cambio di casacca del governo, ricordano tanto i momenti in cui era Roberto Speranza ad esercitare la funzione. Ovvio, il contesto è diverso, così come la gestione comunicativa (ai tempi cacofonica e ultra-allarmista). Eppure, un tratto comune sembra sempre mantenersi: il tentativo di cercare costantemente un’emergenza, in realtà oggi finita.
Un caso plastico, per esempio, è stato il mantenimento della mascherina. E questo veniva deciso lo scorso maggio, a pandemia ampiamente finita. Oppure, ancora, la fine dell’isolamento di 5 giorni per chi avesse contratto il Covid è arrivato solo a metà luglio. L’ultimo Paese ad eliminare questa imposizione.
Questa volta, il ministero della Salute ne ha fatta un’altra delle sue. Basta tamponi per gli asintomatici, in ingresso in ospedale, nei pronto soccorso e quando si deve essere ricoverati, ma con un grande però: ameno che non si debba essere trasferiti in un reparto dove siano presenti pazienti fragili. Oppure quando al triage si verifichino condizioni che suggeriscano l’effettuazione del test.
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Rimane quindi lampante il fatto che non si tratti di un vero e proprio allentamento, in cui si cerca (giustamente) di distinguere la categoria dei sintomatici da quella degli asintomatici. La circolare, per di più, prevede la libertà dei direttori degli ospedali di prevedere regole più stringenti per il caso specifico. Insomma, si tratta banalmente di uno scaricabarile, o meglio: una delega di responsabilità verso il basso compiuta dal ministero.
Da qui è lo stesso Sergio Abrignani, immunologo dell’università Statale di Milano, a scagliarsi contro il nuovo provvedimento del ministero: “Ormai, dobbiamo considerarlo alla stessa stregua dell’influenza, ferma restando l’attenzione necessaria per le persone fragili”. Una guardia che non deve essere abbassata per i pazienti più a rischio, appunto, ma che – dall’altra parte – è diventata una vera e propria religione per gli asintomatici. Il tutto con l’aggravante della pandemia ufficialmente terminata.