“Covid, Biden firma la legge per la trasparenza sulle origini del virus. Declassificate anche le informazioni sul laboratorio di Wuhan”, questo il titolo di un pezzo pubblicato da la Repubblica in merito all’infinito tormentone sulla genesi del Sars.Cov-2, volgarmente detto coronavirus.
Covid, Biden indaga
Questo, in particolare, il breve comunicato della Casa Bianca: “Oggi sono lieto di firmare la legge 619, il ‘Covid-19 Origin Act of 2023′. Condivido l’obiettivo del Congresso di rilasciare quante più informazioni possibili sull’origine della malattia da coronavirus 2019. Nel 2021, ho ordinato alle nostre agenzie di intelligence di utilizzare ogni strumento a sua disposizione per indagare sull’origine del Covid e questo lavoro è in corso. Dobbiamo andare a fondo delle origini di Covid per contribuire a garantire una migliore prevenzione di future pandemie. La mia amministrazione continuerà a esaminare tutte le informazioni classificate relative alle origini di Covid, compresi i potenziali collegamenti con l’Istituto di virologia di Wuhan. Nell’attuare questa legislazione, la mia amministrazione declassificherà e condividerà quante più informazioni possibili, in linea con il compito costituzionale di proteggere dalla divulgazione informazioni che danneggerebbero la sicurezza nazionale.”
Gli 007 Usa sono divisi
A quanto pare, l’amministrazione democratica avrebbe scelto questo momento in concomitanza con l’attacco dell’Oms alla Cina, rea secondo tale organizzazione, che annovera il colosso asiatico tra i suoi maggiori finanziatori, di aver celato per tre anni informazioni sulla possibile trasmissione del virus da parte di cani procioni, venduti illegalmente al mercato di Wuhan.
Per approfondire
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Ma sulla questione a lungo dibattuta dell’origine del contagio, la citata intelligence americana appare piuttosto divisa. Due le teorie prevalenti: fuga dal laboratorio di Wuhan o trasmissione dagli animali all’uomo. La seconda ipotesi, che siano pipistrelli o procioni, sembra la più probabile ed è sostenuta da tre agenzie investigative americane su quattro.
Torna il catastrofismo
Ovviamente nell’articolo di Repubblica non poteva mancare il solito, catastrofico riferimento ai morti provocati nel mondo da una pseudo pandemia a relativa bassa letalità. Citando i quasi 7 milioni di morti ( il cui conteggio a formula variabile è stato utilizzato da molti governi, su tutti quello italiano, come uno strumento di pressione politica) registrati in tre anni tra una popolazione di circa 8 miliardi di abitanti, il quotidiano diretto da Maurizio Molinari, sembra voler rinverdire i fasti di un terrorismo virale che ha lasciato segni profondi nella società occidentale.
Ed è proprio questo il punto: questa ennesima puntata sulla misteriosa genesi del virus della paura tende ancora una volta ad avvalorare il pensiero di chi, il partito unico del terrore, ancora oggi lo presenta al livello di una piaga d’Egitto, evitando di sottolineare che le persone gravemente colpite dai suoi effetti patologici erano molto fragili, con una aspettativa di vita assai breve. Tant’è che nella primavera del 2020 il presidente di un land tedesco dichiarò che nella stragrande dei decessi si trattava di un anticipo di mortalità di qualche mese, se non di alcune settimane.
Evitare nuove chiusure
Tutto questo, col massimo rispetto dei morti, solo per sottolineare la natura e la dimensione del fenomeno. Natura e dimensione del fenomeno che dopo tre anni di capillare raccolta dei numeri solo un idiota o un mascalzone in perfetta malafede si ostinerebbe a negare. Quindi, da persona informata sui fatti, posso essere umanamente incuriosito da una ricerca che somiglia maledettamente alla proverbiale disputa dinastica tra l’uovo e la gallina. Tuttavia, mi sentirei assai più rassicurato da una analisi retrospettiva di questa pazzesca faccenda virale, non tanto per prevenire queste pandemie a bassa letalità, come sostiene il chiusurista Biden, quanto per non ricadere nella folle, prolungata sospensione dei diritti costituzionali che in Italia ha raggiunto un livello senza precedenti nelle democrazie liberali.
Claudio Romiti, 21 marzo 2023