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Covid e crisi divideranno le due Italie

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Portiamoci avanti con il lavoro: anzi, passiamo al prossimo mostro del videogioco. Già ora le nostre società sono prigioniere di un crescente autoritarismo, di pulsioni illiberali sempre più “naturalmente” accettate dai cittadini, e il Covid è diventato un potente moltiplicatore della propensione della mano pubblica a schiacciare lo spazio della libertà personale e di impresa.

Intendiamoci bene: che la sicurezza e la libertà possano in un dato momento storico trovarsi in conflitto tra loro non è certo una novità. Ma colpisce, in questo 2020, la facilità con cui ci siamo prestati all’esperimento: Parlamento esautorato, libertà costituzionali compresse o sospese, uso e abuso dei Dpcm, decisioni annunciate in conferenza stampa prima che nelle sedi istituzionali.

E un’inarrestabile tendenza al paternalismo: ministri e governatori regionali che, spesso tra gli applausi e con consensi crescenti, si propongono come guide, come precettori anche morali, come dispensatori di concessioni e divieti. Rimane memorabile la celebre conferenza in cui Giuseppe Conte ripeté come un mantra: “Vi concediamo”.

Ecco, la domanda è: se già questa è la situazione, cosa accadrà quando a questo mix esplosivo si aggiungeranno fallimenti e disoccupazione di massa? Finora – economicamente parlando – siamo ancora in una fase di “metadone”, tra blocco normativo dei licenziamenti e ultimi, pallidi effetti delle misure lenitive adottate dal governo. Ma molto presto, tra la fine di quest’anno e l’inizio del nuovo, la bomba è destinata a esplodere, prima sotto forma di “eutanasia controllata” per molte aziende (chiusura volontaria), poi nella forma di “morte violenta” (fallimenti), e, per l’una causa o per l’altra, con un’ondata senza precedenti di posti di lavoro inevitabilmente destinati a saltare.

Che succederà in quel momento? Difficile fare previsioni. La sensazione è che diverrà plasticamente visibile ciò che già è in atto da tempo, e cioè una divisione dell’Italia in due. Da un lato, l’Italia dei lavoratori pubblici e dei pensionati (a scanso di equivoci: nessuno di loro ha responsabilità, non si tratta certo di colpevolizzarli), che – bene o male – rimarranno garantiti nel poco che hanno. Dall’altro, invece, rimarranno totalmente scoperti, completamente privi di tutela nell’inverno più duro – e per tutt’altra ragione – dai tempi della Seconda Guerra Mondiale, i lavoratori del privato, le imprese, gli autonomi, le partite Iva.

Cinicamente, le parti più ideologizzate dell’attuale maggioranza giallorossa potrebbero perfino non preoccuparsi: questa seconda Italia è estranea alla loro constituency elettorale, in altre parole già non li vota. Eppure, sarebbe politicamente criminale continuare a prendere in giro questa mezza Italia del privato, offenderla accusandola sistematicamente di evasione, proprio mentre sta per essere fatta a pezzi da un semestre che si annuncia devastante.

Se qualcuno ha conservato un minimo di lucidità, ci rifletta.

Daniele Capezzone, 28 settembre 2020