Covid e sanità, quello che Schillaci non dice

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A margine dell’ultimo annuncio di Orazio Schillaci sulla riduzione della quarantena Covid per gli asintomatici, la quale sta procedendo con una insostenibile pesantezza nelle decisioni, c’è un elemento del suo discorsetto, concettualmente analogo all’impostazione generale di chi l’ha preceduto, che a mio avviso rappresenta un pessimo messaggio da inviare alla collettività e, per questo, meritevole di una breve analisi critica.

In merito al tema infinito degli stanziamenti per il vasto comparto della sanità pubblica, così si esprime l’attuale ministro della Salute: “Soltanto con l’arrivo di questa terribile pandemia e di fronte a 180mila morti si è capito che la spesa per la salute è una spesa primaria e irrinunciabile. Oggi in una situazione di grave difficoltà, con la necessità di sostenere famiglie e imprese per evitare il tracollo della nostra economia, il governo ha assicurato per la sanità 2,2 miliardi di euro nel 2023 e altri 2,4 miliardi nel 2024. Un primo segnale di inversione di tendenza che si consoliderà con i bilanci dei prossimi anni”.

Ora, a parte l’utilizzo all’ingrosso della sempre più controversa conta dei morti Covid, in cui si continuano a inserire nell’elenco migliaia di soggetti positivi al tampone deceduti per ben altre cause, e sorvolando sull’eccesso di mortalità extra-Covid, dovuta all’effetto distorsivo, denunciato a suo tempo dallo stesso Schillaci, determinato dall’abnorme impiego di uomini e risorse nella lotta al coronavirus, anche il successore di Speranza sembra aver perso la grande occasione per affrontare il tema fondamentale della prevenzione. Un tema che, così come era emerso sin dall’inizio della pandemia, che il professor Bernabei, ex membro del Cts e attuale medico personale del Papa, definì la pandemia dei molto anziani e dei molto malati, ancora oggi stenta ad emergere in tutta la sua evidenza.

Prevenzione la quale, per ciò che concerne la vasta gamma di malattie respiratorie analoghe al Covid-19, non può che partire dal presupposto fondamentale di un corretto stile di vita. Il classico mens sano in corpore sano teorizzato da Giovenale nel primo secolo dopo Cristo, che presuppone ai nostri giorni un corretto stile di vita attraverso una alimentazione equilibrata e una sufficiente attività motoria. Tant’è che basta analizzare i numeri, che come al solito quasi nessuno legge, di quasi tre anni di passione virale per apprendere che persino tra le fasce di popolazione più anziane il tasso di letalità apparente, ovvero quello basato sui contagi rilevati, è molto basso tra i soggetti che non presentano alcuna grave patologia pregressa. Tasso di letalità che, al contrario, tende sin dall’inizio a impennarsi proprio tra quei gruppi di persone che sono affetti da malattie del ricambio, su tutte il diabete, da problemi cardiocircolatori, da obesità e da tutta una lunga serie di patologie derivanti da una pessima alimentazione coniugata dall’abuso prolungato di sigarette e di alcol.

Ciononostante, così come è stato fatto e si continua a fare in merito al vaccino, alias elisir di lunga vita, prevale la linea che potremmo definire dell’irresponsabilità individuale, esortando implicitamente i cittadini ad infischiarsene dei propri comportamenti sul piano della prevenzione, tranquillizzandoli con la promessa di essere sempre e comunque curati e vaccinati per qualunque malanno. E alle brutte, così come è accaduto agli inutili e dannosissimi – sul piano della salute generale – lockdown del 2020, si potrà anche ricorrere agli arresti domiciliari di massa per impedire che il contagio arrivi alle persone più sfortunate o meno attente nel seguire un corretto stile di vita.

In questo senso in una evoluta democrazia liberale, cosa che abbiamo dimostrato di non essere nell’era del coronavirus, la mano pubblica dovrebbe limitarsi ad informare i cittadini circa i rischi per la salute derivanti da alcune cattive abitudini – cosa che in passato si è fatta con maggior impegno -, evitando di sconfinare nella deriva da Stato etico che abbiamo dolorosamente vissuto con il green pass e l’obbligo vaccinale. Pertanto, pur non sottovalutando lo sforzo del governo nel sostenere finanziariamente la sanità pubblica, occorre però evitare di far passare l’aberrante concetto che i soldi e la scienza avanzata, da soli, facciano la salute, così come per la felicità.

Semmai, nel caso del Sars-Cov-2, la salute l’hanno mantenuta le persone più attente e più fortunate sul piano della salute, mentre i soldi li hanno fatti tutti coloro che, in un modo o nell’altro, hanno orbitato e continuano a orbitare intorno alla colossale industria dei vaccini, delle mascherine, dei tamponi e di tutti quei presunti dispositivi di sicurezza che non hanno spostato di una virgola l’andamento dinamico di un virus che si è inesorabilmente installato nelle nostre società.

Claudio Romiti, 1° dicembre 2022

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