Esteri

Covid, gli Usa di Biden curano prima le minoranze etniche

Adesso i progressisti si rendono protagonisti della discriminazione sanitaria sulle cure del virus

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I tentacoli della cultura “woke”, negli Stati Uniti del progressista Joe Biden, si sono spinti così in là da determinare anche chi abbia il diritto di vita o di morte al cospetto del virus. Nello specifico, tra chi potrà essere curato in via prioritaria con i costosi trattamenti salvavita anti-Covid come i monoclonali e gli antivirali. Se un giovane e sano imprenditore asiatico si presentasse al pronto soccorso di un ospedale di New York, oggi avrebbe più chance di essere tempestivamente salvato dal Covid rispetto a un operaio bianco over 60 con problemi cardiaci. Alcuni potrebbero definirla una discriminazione sanitaria su base razziale. Invece, nel mondo cosiddetto New Normal, è solo la logica applicazione del concetto di “equity”, tanto cara al presidente Biden e al suo partito, a un altro settore chiave della società americana: la sanità.

I parametri per l’accesso alle terapie Covid

Le linee guida che individuano nella “razza” e nell’etnia un fattore di rischio per la somministrazione dei farmaci anti-Covid sono state diffuse a dicembre dalla Food and Drug Administration a tutti i medici dei 50 Stati, senza troppo clamore. Ormai ci si è abituati alla discriminazione, non solo negli Usa. Si è partiti dal perverso assunto di poter rifiutare le cure ospedaliere ai non vaccinati, per approdare laddove la politica voleva condurre la scienza e la medicina: selezionare i gruppi privilegiati in base al proprio “guadagno” elettorale. Una sorta di cinico esperimento “gain of function” sociale. Giocato sulla pelle di milioni di cittadini che, davanti alla legge – come davanti al Covid – dovrebbero essere trattati in modo uguale.

Ma il principio di equità batte o ingloba quello di uguaglianza per la Fda. L’ente governativo statunitense che si occupa della regolamentazione dei prodotti alimentari e farmaceutici. Così l’agenzia ha stabilito i nuovi parametri per l’accesso alle terapie Covid: “Altre condizioni mediche o fattori (per esempio la razza o l’etnia) possono esporre i singoli individui ad alto rischio nella progressione a forme severe di Covid-19”. E questo vale anche per la somministrazione di terapie salvavita, tra cui il Sotrovimab, il monoclonale più efficace contro la variante Omicron, la cui distribuzione in alcuni Stati è stata contingentata.

L’equità per i democratici

In un video girato da un utente all’interno di un pronto soccorso americano si assiste, nella sua cruda algoritmicità, alla scrematura del paziente-tipo, eleggibile per ottenere il farmaco: deve essere nero, latinos, asiatico o nativo americano. “You win if you are not white”. Nello Utah, come in Minneota e in Texas, al triage c’è un sistema di crediti che assegna due punti semplicemente in base al colore della pelle. Nello Stato di New York il dato è ancora più scioccante: essere “non white”, al triage, è automaticamente sinonimo di accesso privilegiato, a dispetto della condizione sanitaria del paziente e persino del suo reddito. L’equità per i democratici è intesa, o meglio fraintesa, come un perenne stato di rimorso collettivo nazionale verso ingiustizie ataviche, quali la schiavitù e la segregazione razziale, di cui il costo finale è però scaricato su milioni di incolpevoli cittadini americani. Indebitamente chiamati, oggi, a scontarne le colpe.

Un risarcimento ex post che, invece di essere risolto con riparazioni da parte delle istituzioni, viene addossato a un preciso gruppo sociale, indicato come “oppressore”, e utilizzato come arma elettorale da un’amministrazione sprofondata al 30 per cento nel gradimento popolare. Tanto da far ipotizzare alla stampa liberal una possibile candidatura dell’evergreen Hillary Clinton per la prossima tornata elettorale del 2024.

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