Esteri

Covid, gli Usa pressano la Cina: “Compri i vaccini a mRna”

Pechino sta affrontando una grave ondata di contagi da Covid-19. Gli Stati Uniti tendono la mano, ma dietro c’è una strategia geopolitica

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Non sembra mai finire, neanche in campo sanitario, lo scontro geopolitico tra Stati Uniti e Cina. Dopo l’intervento di poche ore fa del Dipartimento Usa, in risposta alle dichiarazioni del ministro degli Esteri cinese, secondo cui Pechino avrebbe vantaggio nel primato istituzionale mondiale; proseguono gli interventi americani che cercano di puntellare il regime di Xi.

Questa volta riguardano i vaccini. La superpotenza asiatica, infatti, sta affrontando una dura ondata di contagi e morti da Covid-19, dopo l’allentamento delle restrizioni a causa di un’altra ondata, questa volta fatta di proteste della popolazione. Eppure, l’eliminazione del tampone obbligatorio e dell’app di tracciamento ha fatto stimare fino a 500.000 decessi correlati al Covid, entro aprile del prossimo anno. Questo almeno secondo la ricerca condotta dell’Institute for Health Metrics and Evaluation dell’Università di Washington.

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Ma è proprio da qui che si ramifica l’intervento geopolitico, a gamba tesa, degli Stati Uniti. Gli americani, infatti, stanno intimando la Cina ad importare vaccini mRna, prodotti dagli stessi Usa, per fronteggiare le numerose difficoltà che il regime sta avendo in campo sanitario. Attraverso questa opzione, specificano i vertici Usa, il numero dei morti potrebbe essere dimezzato, insieme all’applicazione di protezioni adeguate e piena trasparenza sul numero di infezioni locali.

Pechino, infatti, ha sì sviluppato vaccini nazionali (ben nove), ma questi ultimi non risultano essere aggiornati anche contro la variante Omicron, molto contagiosa e che rischia di gravare sulle condizioni sanitarie dei milioni di fragili nel Paese. Per questo, Xi sta cercando di porre ai ripari, concludendo un accordo con la Germania, che nei prossimi giorni si impegnerà ad esportare 20mila dosi ai cittadini tedeschi residenti nel Dragone.

Ma degli Stati Uniti non se ne vuole sentire parlare. Un aumento delle dipendenze sanitarie cinesi, a favore del principale rivale mondiale, significherebbe arrecare un danno enorme nel cammino per raggiungere lo scettro di prima superpotenza, contrastando pure le mire cinesi in tema di autosufficienza negli asset strategici.

Washington starebbe cercando di portare a termine proprio ciò che la Cina ha fatto la Russia. A causa delle sanzioni atlantiche, Putin si è dovuto avvicinare inesorabilmente al mercato interno cinese, composto da circa un miliardo e mezzo di consumatori. Ciò ha garantito a Mosca di continuare a vendere il proprio gas, anche in misura maggiore rispetto a quanto avveniva prima della guerra, ma ne ha causato una fortissima interconnessione alle esigenze, alla domanda ed ai consumi del Dragone. Gli Stati Uniti, almeno sotto il profilo sanitario, vogliono arrivare allo stesso obiettivo: tranciare la politica autarchica che Xi sta perseguendo da tempo e vincolare la potenza alle forniture statunitensi.

D’altro canto, però, la Cina non può più permettersi di arretrare. L’economia è entrata in uno stato di stagflazione; l’aumento della manodopera ha portato molti imprenditori a trasferire le aziende nel vicino e più conveniente Vietnam; le rivolte popolari contro le restrizioni sono pronte a scoppiare, se solo Pechino dovesse annunciare un ritorno alla politica da Covid-Zero. Forse, stiamo assistendo al momento più difficile per il Paese. Sicuramente, da quando il Dragone è entrato prepotentemente nel tavolo dei grandi.

Matteo Milanesi, 22 dicembre 2022

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