di Matteo Milanesi
Ci risiamo: la comunicazione spargipanico, ansiogena e cacofonica del giornale unico del virus è ritornata. I toni sono gli stessi di dodici mesi fa, nonostante – dato di non poca rilevanza – circa il 90 per cento degli over 12 sia già vaccinato e, già da un mese, sia in vigore il green pass per accedere a quasi tutte le attività della vita quotidiana – esatto, proprio quel lasciapassare che veniva presentato come grande “strumento di libertà”, ma che nei fatti si sta dimostrando totalmente inefficace nel contenimento dei contagi e nell’evitare nuove chiusure.
Ma la situazione epidemiologica è veramente così critica? È giustificabile il continuo allarme di governo, esperti e media? Chissà se il governo sta studiando nuove chiusure, al momento fonti di Palazzo Chigi smentiscono queste voci anche se la decisione sembra essere stata rimandata a dicembre, quando verrà fatta una valutazione alla luce dei dati aggiornati. Ecco, i dati rispondono negativamente; non solo in ottica di una fortissima diminuzione di morti e ricoverati rispetto ad un anno fa – e da qui si evince la spinta decisiva che il vaccino ha avuto per le categorie più fragili – ma anche di un complessivo miglioramento dell’andamento del contagio.
La figura 1 mostra la situazione epidemiologica nazionale nelle settimane in cui il governo giallorosso decise di adottare nuove misure restrittive (coprifuoco, zone colorate, chiusura di interi settori produttivi, ecc.) per correre ai ripari dopo l’esplosione della seconda ondata. Il periodo comprende i 14 giorni dal 26 ottobre all’8 novembre 2020 ed i casi positivi per ogni 100 mila abitanti.
A novembre 2020, la regione con l’andamento epidemiologico peggiore era la Lombardia con circa 1100 casi diagnosticati ogni 100 mila abitanti in due settimane (fatta eccezione della provincia autonoma di Bolzano con 1240 casi); mentre la media nazionale corrispondeva a 648 positivi ogni 100 mila cittadini. Bene, se confrontiamo i numeri di un anno fa con quelli di oggi notiamo una radicale differenza.
La figura 2 mostra, esattamente un anno dopo, le regioni con la più alta circolazione del virus: Veneto e Friuli Venezia-Giulia con un’incidenza tra 150 e 499 casi per 100 mila abitanti (sempre non considerando la provincia autonoma di Bolzano), con una media nazionale di poco superiore a 100.
Insomma, stiamo parlando di un sesto dei positivi rispetto a novembre 2020. Una situazione – a dir poco – decisamente migliore. Non solo, secondo i dati dell’European Centre for Disease Prevention and Control, l’Italia è il Paese europeo con il minor tasso di positività, vantando ben 9 regioni con un tasso inferiore all’1 per cento.
Una domanda sorge spontanea: perché i toni della comunicazione sono gli stessi dello scorso anno, nonostante l’evidente miglioramento dei dati epidemiologici?