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Covid, il nuovo spauracchio: s’ammalano pure i bambini

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Sabato i principali notiziari hanno dato grande risalto ad un dato “shock” presente nell’ultimo rapporto settimanale dell’Istituto Superiore di Sanità: per la prima volta da inizio maggio i contagi fra i bambini fino a 9 anni età ha superato i 50 casi per 100 mila abitanti. “Covid, l’Iss: impennata di contagi tra bambini e adolescenti.” Così titola la Stampa online, dando l’idea di una vera e propria strage degli innocenti in atto. Ovviamente, dal momento che oramai per il giornale unico del virus il contagio equivale alla malattia grave se non addirittura alla morte, chi si ferma solo ai titoli non può certo sentirsi tranquillizzato da ciò, soprattutto se nella propria famiglia ci sono figli piccoli.

In realtà, basterebbe leggere con un minimo di attenzione lo stesso articolo per rendersi conto che ancora una volta ci troviamo di fronte ad forma piuttosto degenerata di informazione la quale, come hanno correttamente rilevato su queste pagine Paolo Becchi e Giovanni Zibordi, è ridotta al ruolo di grancassa propagandistica del regime sanitario. Tant’è che secondo il rapporto in oggetto nella fascia di età 10-19 i contagi sono più del triplo, cioè 156 per 100 mila abitanti, mentre nelle fasce 20-29, 30-39 e 40-49 si registrano rispettivamente 146, 79 e 56 contagiati per 100 mila abitanti.  Ciononostante, pur risultando in fondo alla classifica dei “casi”, il dato sui contagi dei bambini viene considerato così preoccupante da meritare la massima attenzione mediatica. D’altro canto tutto ciò appare del tutto coerente con il tentativo abbastanza chiaro di arrivare ad una vaccinazione di massa che comprenda anche i bambini.

Da qui una campagna del terrore che da qualche settimana sembra aver preso di mira proprio i più piccoli. Una campagna del terrore che utilizza i rari numeri come una clava per convincere i genitori a far vaccinare i propri pargoli. Persino la Società italiana di pediatria, in un documento-appello reso pubblico alla fine di giugno, è scesa in campo per far vaccinare quantomeno i ragazzini sopra i 12 anni. Eppure, secondo i dati ufficiali aggiornati al 9 giugno, dall’inizio della pandemia, su oltre 4,2 milioni di persone risultate positive al Sars-Cov-2 ben 638 mila appartenevano alla fascia 0-19, con 26 decessi di giovani e bambini in gran parte affetti da gravi e gravissime patologie. Come si vede siamo di fronte ad un tasso di letalità apparente prossimo allo zero e che a mio avviso, pur essendo io in via di principio favorevole ai vaccini, non giustifica l’altrettanto basso rischio di una reazione avversa da far correre agli stessi bambini.

In tal senso, così come sostengono da tempo alcuni autorevoli studiosi, l’immunità naturale che un giovane in buona salute realizza incontrando il virus è decisamente superiore a quella che si ottiene attraverso un vaccino. Anche perché se perdiamo fiducia nello strumento più potente di cui disponiamo contro gli agenti patogeni, ossia il nostro sistema immunitario, il quale va rinforzato con un corretto stile di vita, non diamo un bell’esempio ai nostri figli. L’idea di una società sempre più sterile e distanziata, che si vaccina per ogni cosa e impone la mascherina anche ai bambini dell’asilo – così come ha proposto in questi giorni Walter Ricciardi, consigliere del ministro Speranza – mi risulta a dir poco agghiacciante.

Claudio Romiti, 16 agosto 2021