Il Parlamento che si attiva per fare chiarezza sulle eventuali responsabilità nella mala gestione della pandemia da parte di Giuseppe Conte, Roberto Speranza, Domenico Arcuri. Troppo bello per essere vero. E infatti, la commissione d’inchiesta sul Covid che sta per essere lanciata in Aula rischia di risultare azzoppata.
Due emendamenti di Lega e Movimento 5 stelle (più Leu e Pd), infatti, hanno circoscritto l’operato della commissione a un’indagine sulla “congruità delle misure adottate dagli Stati in cui il virus Sars-Cov-2 si è manifestato inizialmente”, in pratica la Cina, ma limitatamente al “periodo antecedente alla dichiarazione di emergenza sanitaria pubblica di rilevanza internazionale da parte dell’Oms”, che risale al 30 gennaio 2020. Dunque, su tutto ciò che è successo dopo quella data, i parlamentari non hanno intenzione di ficcare il naso. E dire che si tratta degli aspetti più controversi della storia di questa tremenda calamità: la mancata zona rossa nella Bergamasca, gli scandali di mascherine e ventilatori farlocchi, le terapie domiciliari trascurate, l’estate 2020 buttata a scrivere libri autocelebrativi, anziché a schermare il Paese da un’ampiamente paventata seconda ondata.
Giova precisare che, nelle intenzioni dei proponenti, la commissione doveva avere soprattutto una portata geopolitica, scandagliando colpe e omissioni della Cina e dei suoi lacchè all’Organizzazione mondiale della sanità. Resta difficile capire, però, cosa sperino di ottenere, i nostri onorevoli, da un’iniziativa tanto ambiziosa quanto angusta: forse si aspettano che Pechino conceda loro di visionare documenti riservati sulla teoria dell’origine del Covid dal laboratorio di Wuhan? Forse confidano nella collaborazione dell’Oms, che dovrebbe mettere a nudo le proprie debolezze e le falle nella sua autoproclamata indipendenza? Queste cose non sarebbe meglio lasciarle agli organismi d’intelligence, per occuparsi di ciò che è alla propria portata e non è certo meno importante?