Salute

La guerra al covid

Covid, il vaccino sui bimbi? Ora uno studio rivela: “Dubbi sull’utilità”

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Antonio Cassone è uno di quegli studiosi che ogni tanto vale la pena ascoltare. Membro dell’American Academy of Microbiology, è certamente titolato a parlare di virus, vaccini e covid. Un anno fa, solo tra tanti, aveva espresso tutti i suoi dubbi sulla “reale efficacia” del vaccino anti-coronavirus di Pfizer BionTech sui bambini dai 5 agli 11 anni, criticandone la sperimentazione clinica (il parere dell’Fda non fu unanime né convinto) realizzata su poco più di 2mila bambini e dunque con pochi dati da cui ricavare una “stima affidabile della sicurezza ed efficacia” del prodotto.

Oggi su Repubblica, Cassone è tornato sull’argomento. E ha fatto notare che i dubbi sulla “reale efficacia” del vaccino pediatrico non si sono ridotti neppure a fronte dei milioni di bambini americani ed europei cui è stato somministrato. Efficacia che si è ulteriormente ridotta con l’avvento della variante Omicron, che ha grande capacità di “evadere la neutralizzazione del virus da parte degli anticorpi”.

Adesso, però, a dar man forte ai dubbi del professore, c’è anche uno studio pubblicato nel giugno del 2022 dai ricercatori dell’Istituto Superiore di Sanità e pubblicato su The Lancet. “I risultati di questa corposa e ben condotta ricerca, l’unica finora fatta al di fuori degli Stati Uniti, dimostrano che quei dubbi erano giustificati“.

I ricercatori hanno analizzato tutti i bambini che dal 17 gennaio in poi hanno ricevuto due dosi di Vaccino. Cosa ne è emerso? Che su 3 milioni di bambini, ci sono stati 770mila casi di infezione di cui 664 sono stati costretti a ricorrere all’ospedalizzazione. “I risultati – spiega Cassone – dimostrano che la protezione conferita dal vaccino contro l’infezione con o senza sintomatologia ma comunque senza ricovero ospedaliero, è del 29,4 % e quella contro la malattia grave (ospedalizzazione con o senza terapia intensiva o decesso) del 41,1%. Ben al di sotto quindi dell’efficacia calcolata nella sperimentazione di fase 3 di Pfizer, sopra al 90%, ma con un intervallo di credibilità molto ampio (67-99%). Di particolare rilevanza è che questi livelli protettivi sono inferiori a quelli che lo stesso vaccino ha conferito agli adolescenti ed agli adulti, mediamente ben superiori al 50% per l’infezione e parecchio più alti per la malattia”.

Colpa di Omicron? Probabile. Secondo Cassone è infatti comprensibile che l’efficacia contro l’infezione del vaccino sui bambini sia così bassa: è lo stesso accaduto agli adulti con l’arrivo della nuova variante con le sue sottovarianti. “Resta però alquanto inaspettata – aggiunge lo studioso – la bassa protezione contro la malattia, significativa di una rapida caduta di efficacia del vaccino”.

C’è poi da tenere conto anche di un altro fattore. Il covid, nei bambini, nella grande parte dei caso – vaccino o meno – non porta a ricadute gravi. “Nella pubblicazione dell’ISS, in un periodo di osservazione di poco meno di tre mesi – spiega Cassone – su quasi un milione ed ottocentomila bambini non vaccinati ci sono state alcune centinaia di bambini ospedalizzati, dei quali quindici hanno necessitato di terapia intensiva e due sono deceduti, uno dei quali affetto da  una grave patologia di base. È confortante che nessuno dei bambini vaccinati, pur ospedalizzati, abbia avuto bisogno di terapia intensiva o sia deceduto. Si tratta comunque di un rischio assai piccolo di malattia grave (attorno a 2 su centomila per la terapia intensiva e minore di 1 su centomila infezioni per il decesso)  che non possono non generare grande incertezza e dubbi sul reale bisogno di vaccinare contro Covid i bambini di questa età”.

Per carità. Lo studioso non è un no vax né un antivaccinista sui bambini. E nemmeno noi. Se iniettare il prodotto ai pargoli servisse davvero a bloccare la circolazione del virus o a salvare vite innocenti, ben venga. L’importante è usare un vaccino “davvero efficace contro l’infezione”, e “non certo quello che abbiamo a disposizione adesso contro il virus che abbiamo adesso”. “In un’ottica di sanità pubblica, dei rischi e dei costi della vaccinazione – aggiunge lo studioso – è doveroso tener conto che i bambini di 5-11 anni si infettano assai facilmente, l’infezione decorre nella stragrande maggioranza senza o con pochi sintomi ma ugualmente genera una robusta e duratura risposta immunitaria, assai più che negli adulti, che protegge naturalmente dal Covid”.