Covid in Europa: ecco lo studio che fa a pezzi il lockdown: fu inutile

La scienza non è dogma, è dubbio. E noi abbiamo navigato a vista. Ma i dati confermano che prima di limitare le libertà personali bisogna analizzare bene i fatti

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Quando ho iniziato questo studio con il Prof. La Vecchia, pensavo di confermare ciò che tutti davano per scontato sulla pandemia da Covid. Invece, i dati che abbiamo pubblicato su The Lancet Regional Health – Europe hanno fatto a pezzi molte delle nostre certezze. Ecco la verità nuda e cruda che emerge dai numeri.

Il 2023 ha segnato la fine dell’emergenza, almeno sulla carta. L’eccesso di mortalità è crollato, quasi azzerato. Un dato che fa a pugni con chi ancora grida all’apocalisse imminente. Ma attenzione, non è tutto oro quel che luccica. La mappa dell’Europa che abbiamo disegnato è un patchwork di contraddizioni. Alcune zone, quelle che hanno snobbato i vaccini, hanno pagato un prezzo salatissimo in vite umane. Un monito per chi ancora crede che i vaccini siano un’opzione e non una necessità.

E poi c’è la Svezia, il paese che tutti additavano come irresponsabile. Sorpresa: è tra i meno colpiti in termini percentuali. Un risultato che manda in cortocircuito i fautori delle chiusure a oltranza e che ci obbliga a ripensare le strategie adottate.

Ma il vero scandalo emerge quando parliamo di lockdown. Quei mesi di reclusione forzata, che hanno messo in ginocchio economie e psiche collettive? Secondo i nostri dati, hanno avuto un impatto limitato sull’eccesso di mortalità. Un boccone amaro da ingoiare per chi ha sostenuto queste misure draconiane.

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Cosa ci dicono questi numeri? Che abbiamo navigato a vista, prendendo decisioni basate più sulla paura che sui dati. Che abbiamo sacrificato libertà e benessere economico sull’altare di una sicurezza che forse potevamo ottenere con mezzi meno drastici.

Non fraintendetemi: il Covid ha seminato morte e sofferenza. Ma il nostro studio grida a gran voce che alcune delle misure adottate erano, nel migliore dei casi, inefficaci, nel peggiore, controproducenti.

È ora di fare i conti con la realtà. Questo studio non è solo un esercizio accademico, è una sveglia per politici e opinione pubblica. Ci dice che in futuro dovremo essere più cauti nel limitare le libertà individuali, più scettici verso soluzioni semplicistiche, più aperti a strategie differenziate.

La prossima volta che una crisi sanitaria busserà alla nostra porta – e accadrà, prima o poi – avremo il dovere di ricordare queste lezioni. Perché se c’è una cosa che questo studio dimostra, è che la strada dell’inferno è lastricata di buone intenzioni e cattivi dati.

La scienza non è dogma, è dubbio. E il nostro studio getta più di un’ombra su molte delle “verità” che ci hanno guidato negli ultimi anni. È tempo di imparare da questi errori, per essere davvero pronti la prossima volta. Senza isterie, senza eccessi, ma con la fredda lucidità che solo i numeri possono darci.

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