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Covid in laboratorio, la verità sulla censura di Google

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C’è un elefante nella casa di Google, anche se non è quello che appare nei doodle. Questo scoop è nato nella maniera più semplice del mondo. Dalla domanda di un reporter a David Feinberg, responsabile della Google Health Division, a margine della Tech Health Conference. Uno degli appuntamenti sulle tecnologie emergenti più attesi dai cronisti e dagli esperti del settore. “Perché Google ha censurato tutte le teorie sull’origine in laboratorio del Covid-19?”. Un interrogativo secco, a cui il dirigente non si è sottratto: “Google ha rimosso una serie di contenuti ai suoi utenti perché non voleva diffondere informazioni non autorizzate”. Apparentemente, il ragionamento non fa una piega. Stoppare sul nascere ogni sorta di disinformazione.

Tuttavia, dopo la diffusione di centinaia di mail scambiate da Anthony Fauci, capo della task-force anti coronavirus del gabinetto di Joe Biden, oggi sappiamo che Google ha contribuito a oscurare all’opinione pubblica, oltre che alla comunità scientifica, informazioni considerate più che attendibili – se non le più verosimili in assoluto – sulla provenienza e la natura stessa del virus. Dalla risposta, apparentemente neutra, fornita da Google durante il summit bio-scientifico, si arriva a un articolo esplosivo firmato da Emily Crane per il Daily Mail. E si comprende il motivo della censura totale, da parte del gigante di Mountain View, di tutte le notizie attendibili, riportate anche da fonti qualificate, tra cui la virologa Li-Meng Yan, rifugiatasi negli Usa a causa delle sue dichiarazioni. La dottoressa cinese è stata la prima a denunciare, quasi un anno fa dagli studi di Fox News, il Sars Cov-2  come “un virus artificiale nato e/o sfuggito da un laboratorio” di Wuhan. Dove lei era rimasta in contatto con vari colleghi, prima che Pechino imponesse la censura su tutto.

Torniamo a Google, e alla sua linea ufficiale di pubblicare solo “informazioni autorizzate”. Autorizzate da chi? Oggi scopriamo che dare l’imprimatur di autorevolezza ai contenuti condivisi dagli utenti è stato un gruppo di esperti, con a capo un famoso zoologo britannico: Peter Daszak. Abbiamo già incontrato questo nome, sempre nella corrispondenza telematica di Fauci. Daszak è colui che ha soppresso, per primo, ogni possibile teoria sul Covid orginato in laboratorio, orchestrando la pubblicazione di una lettera firmata da alcuni scienziati alla prestigiosa rivista The Lancet. Da quel momento in poi, l’argomento sarebbe stato chiuso per sempre e bollato come “teoria cospirazionista”. Censurato da ogni piattaforma social, nonostante oggi sia noto che proprio le ricerche sui coronavirus manipolati svolte a Wuhan da Daszak  – attraverso la sua società “EcoHealth Alliance” – abbiano ricevuto finanziamenti per circa 3 milioni di dollari, nel corso degli anni, anche dal National Institute of Allergy and Infectious Diseases (Niaid). Ente diretto da oltre 20 anni, con soldi pubblici, da sir Tony Fauci. Da un suo memo si apprende che Daszak era autorizzato a condurre esperimenti su virus altamente infettivi, sperimentati su topi e su altri animali con caratteristiche simili all’uomo.

L’elefante – o meglio il pipistrello – si aggira nella casa, anche se tutti hanno finto di non vederlo, dichiarando che le stanze erano vuote. Tutti, a cominciare da Google. Perché Daszak, come David Feinberg, non è tipo da sottrarsi a un’intervista. Così nel 2019 spiega dettagliatamente, in un podcast su YouTube (rimosso solo in tempi recenti) al giornalista Vincent Racaniello, quanto sia facile manipolare i coronavirus da pipistrello per renderli più contagiosi verso l’uomo. YouTube è una piattaforma posseduta da Google, che sin dall’inizio era al corrente di chi fosse e di cosa si occupasse Peter Daszak. Colui, tra milioni di scienziati in tutto il pianeta, a cui il gigante californiano dei servizi on line ha affidato il compito di stabilire cosa potesse conoscere, e condividere, il mondo intero sull’origine del Covid. E di stabilire, mentre milioni di persone morivano a causa della pandemia, come orientare la discussione scientifica internazionale, oltre all’agenda politica globale.

Google conosce bene Daszak non solo per i suoi podcast. Per oltre dieci anni, Google.org, il braccio benefico dell’azienda, ne ha finanziato numerose ricerche scientifiche. Anche se non correlate al COVID-19 o all’Istituto di virologia di Wuhan Un portavoce del gruppo, martedì scorso, ha dichiarato: “Queste sono teorie cospirative ridicole e prive di fondamento. Le sovvenzioni filantropiche una tantum a cui si fa riferimento sono vecchie di anni e non hanno nulla a che fare con il COVID”. La testata The National Pulse, per prima, ha però scovato i legami finanziari divulgati in vari studi scientifici tra il 2010 e il 2018. Tra cui figurano uno studio realizzato nel 2010 in Bangladesh sulla manipolazione di virus da pipistrello a uomo e, più recente, un Rapporto su uno studio del 2018 che ha esaminato “le percezioni associate alla trasmissione di agenti patogeni con potenziale pandemico in popolazioni umane altamente esposte all’interfaccia uomo-animale”. I ricercatori dichiarano che il rapporto è stato “reso possibile” dal finanziamento di Google.org

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