Il discorso vale per gli adulti, cosa che in realtà non è stata fatta (i guariti sono stati indotti a vaccinarsi). E varrà soprattutto per i bambini, che ora il governo si appresta ad introdurre al siero. Secondo Gasparini, visto che molti pargoli potrebbero già aver contratto l’infezione senza saperlo (“non manifesta alcun sintomo o sintomi molto blandi tipo un raffreddore”), prima di procedere con la campagna vaccinale bisognerebbe “eseguire un test sierologico”. L’obiettivo? Acquisire dati epidemiologici, ma soprattutto “definire strategie vaccinali razionali“. “ai bambini guariti – dice – si possono applicare le stesse regole che dovrebbero essere applicate ai guariti adulti ovvero non vaccinarli ma eventualmente monitorare l’evoluzione del tasso anticorpale nel tempo”.
Anche perché i numeri sono confortanti. “A fronte di 6.5 milioni di bambini affetti negli Stati Uniti – spiega l’esperto – nei bambini il tasso di ospedalizzazione varia nei vari Stati americani da 0% a 2% mentre quello dei decessi da 0% a 0.03%. La maggior parte dei casi ospedalizzati e la quasi totalità di quelli deceduti presentano comorbidità”. Tradotto: “Percentuali simili a quella dell’influenza stagionale”. Dunque, come prescrive anche Francesco Vaia, sul vaccino ai bimbi ci vuole calma e sangue freddo.