Mettiamola così. La mole di atti, documenti e file sequestrati dalla procura di Bergamo sarà sicuramente mastodontica. Di certo tre anni di indagini sull’origine della strage nella Bergamasca avranno permesso ai magistrati di chiarire alcune lacune, molte già emerse sulla stampa, nella gestione di quei concitati giorni di inizio 2020. Ma si tratta di un’inchiesta complicata, in cui definire i reati sarà davvero arduo e non è certo possa portare a decretare il “nesso eziologico” tra gli atti compiuti dai decisori politici e il decesso di migliaia di persone.
Sono stati gli stessi pm ad ammettere le difficoltà incontrate. Per carità: le indagini si incardinano su atti sequestrati al ministero della Salute, all’Iss, al Dipartimento della Protezione Civile e poi in Regione Lombardia, Ats, Asst, Ospedale Pesenti-Fenaroli di Alzano Lombardo. Senza dimenticare le audizioni dei testimoni e le migliaia di mail e chat emerse dai telefoni degli indagati, tra cui figurano pezzi da novanta come Giuseppe Conte, Roberto Speranza, Attilio Fontana, Giulio Gallera, Agostino Miozzo, Silvio Brusaferro e Franco Locatelli. Milioni di dati, che tuttavia non hanno reso così semplice né configurare i reati ipotizzati (strage? epidemia colposa aggravata? omicidio colposo plurimo? rifiuto di atti di ufficio?) né tantomeno definire la sussistenza del “nesso di causalità” tra quanto fatto (o non fatto) e la strage da coronavirus.
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Esempio: la mancata chiusura della Val Seriana in zona rossa, ritardata dall’allora governo Conte, ha davvero favorito la diffusione del virus? E chiudere prima la Bergamasca avrebbe davvero evitato tra i 2mila e i 4mila decessi, come sostiene Crisanti? E soprattutto: si possono per questo imputare penalmente alle autorità politiche e sanitarie le colpe di ogni singolo decesso, che a marzo 2020 furono 5.200 in più della media mensile degli anni precedenti? Secondo il procuratore Antonio Chiappani, coadiuvato da Cristina Rota, Silvia Marchina e Paolo Mandurino, la risposta è affermativa viste le “gravi omissioni” emerse, ma ci sarà da convincere un giudice. Anzi tre gradi di giudizio. E sono molti dubbi sul fatto che i pm possano riuscire nel loro intento.
Ecco perché, mantenendo saldo il principio garantista che pure Conte e Speranza restano innocenti fino a prova contraria, non è per la chiusura di questa inchiesta penale che occorre gioire. Piuttosto sarebbe saggio fare luce sulle “responsabilità politiche”, cioè su tutto ciò che è andato storto in quei tragici mesi senza dare la caccia ai reati. Di argomenti ce ne sarebbero a bizzeffe: le mascherine spedite in Cina senza un perché, quel “siamo pronti” di Conte poi smentito dai fatti; oppure il piano pandemico non applicato, il piano segreto, il report Oms misteriosamente scomparso, i Dpi fallati, i respiratori cinesi eccetera eccetera eccetera. La “gestione caotica e creativa della pandemia” merita più un’analisi politica, se proprio necessario con una commissione d’inchiesta parlamentare, che un lungo ed incerto processo penale.
Giuseppe De Lorenzo, 2 marzo 2023