Cronaca

Covid, l’ultima trovata per terrorizzare: i postumi che è impossibile diagnosticare

I tele-virologi tornano alla carica sul virus: spuntano i problemi neurologici

© da-kuk tramite Canva.com

La giornalista di Repubblica, Donatella Zorzetto, specializzata nel terrore virale, colpisce ancora. Nell’ultimo dei suoi lunghi articoli su una pandemia che pare infinita, la nostra ha dato grande risalto ad un surreale studio internazionale, dagli imbarazzanti risvolti umoristici, secondo cui ci sarebbe un’alta percentuale di persone che hanno preso Covid che avrebbero sviluppato seri problemi neurologici. Problemi probabilmente assai meno seri rispetto a quelli mentali di chi ancora oggi si occupa di una questione che non esiste da tempo nella realtà delle cose.

Nel dettaglio, come racconta la giornalista, “si stima che al mondo il 10%-25% delle persone che hanno avuto il Covid si trascini alcuni sintomi neurologici anche a distanza di 4-5 settimane dalla risoluzione dell’infezione. I più comuni? Stanchezza persistente, disturbi dell’attenzione (brain fog), cefalea che non se ne va, disturbi del gusto e dell’olfatto. A questi si aggiungono ansia, tosse, problemi al ritmo cardiaco e all’equilibrio.” Ora, per non tediare il lettore con una dettagliata descrizione di quanto riportato dalla Zorzetto, mi limiterò a sintetizzare alcune della parziali, visto che lo studio si trova ancora nelle fasi iniziali, conclusioni di un lavoro che coinvolge alcuni laboratori americani, britannici e italiani.

In premessa, onde rispondere a chi giustamente ritiene che sia assurdo sprecare risorse in simili questioni di lana caprina, occorre precisare che in Italia il lavoro si svolge sotto la direzione della neuroscienziata Arianna Di Stadio, la quale opera per la Fondazione ospedaliera Santa Lucia di Roma. Una struttura privata che, guarda caso, ha ottenuto dal famoso Pnrr un cospicuo finanziamento per un progetto su una malattia che sembra legata anche al chimerico long Covid: l’instabilità posturale- percettiva persistente.

In particolare (e qui già entriamo nel campo dell’avanspettacolo, vista l’esiguità del campione preso in esame) secondo quanto riportato nel pezzo, il cervello una volta incontrato il Sars-Cov-2 correrebbe grossi rischi. “Attualmente – ci spiega la Di Stadio – i dati preliminari estratti da 17 pazienti dimostrano che in 2 di loro (11,8%) l’infezione da Covid ha causato la Pppd, mentre in 6 casi (35,3%) l’infezione ha peggiorato i sintomi. Si può quindi ipotizzare – aggiunge – che in 8 dei 17 pazienti osservati (47%) l’infezione abbia un ruolo su questa condizione. Se consideriamo questo disturbo dell’equilibrio tra quelli compresi del long Covid, i dati in questione, seppure preliminari, identificano un 11% della Pppd legata all’infezione da Sars-CoV2, percentuale in linea con i dati relativi al Long Covid”.

Tuttavia, e qui cominciamo ad entrare più speditamente nel repertorio comico, questi disturbi dell’equilibrio registrati, sempre secondo la studiosa, darebbero “esito negativo a tutti i test diagnostici.” Il che, da profani, ci farebbe dedurre che si tratta di sintomi praticamente auto riferiti dagli stessi pazienti, probabilmente effetto di pure e semplici suggestioni. Sospetto ampiamente confermato alla fine dell’articolo, in cui interviene, portando al questione al livello della farsa, Pier Luigi Lopalco, uno dei virologi star più ascoltati durante la pandemia, il quale, in soldoni, ci spiega che questo virus colpisce in modo tremendo anche a lungo termine, ma i relativi “disturbi sfuggono alla diagnostica.”

Queste alcuni passaggi da antologia del suo intervento: “Che il virus SARS-CoV-2 sia sfuggente quando colpisce i nostri organi è risaputo, ma la cosa preoccupante è che i danni che provoca ad un esame clinico non si vedono.” E ancora: “Esiste un danno causato dal virus nella fase acuta, ma non sappiamo dove, né come. Questo studio internazionale sulla perdita di equilibrio nel post Covid fa parte dei lavori approfondimento di alcune conoscenze che si stanno accumulando in questi ultimi anni, e mesi, sugli aspetti neurologici provocati dal virus.” Dopodiché, e qui ci fermiamo, l’igienista pugliese raggiunge l’apoteosi nel non senso: “Paradossalmente il long Covid si esprime in tante maniere, ma meno in quelle respiratorie. Ciò che si è visto essere più debilitante sono i sintomi neurologici, per cui non si riscontrano esiti diagnostici. Parlo, ad esempio, della debolezza fisica, che ad un esame obiettivo neurologico non risulta e neppure dalla risonanza magnetica”.

Quindi, come è stato per le chiusure, le mascherine, il coprifuoco, l’obbligo vaccinale, il green pass e quant’altro, anche in questo caso ci troviamo di fronte all’ennesimo atto di fede virale: le malattie causate a lungo termine dal virus non si rilevano con gli strumenti diagnostici ma ci sono, parola di giovane marmotta. Domanda: c’è ancora qualche sprovveduto che crede a queste favole?

Claudio Romiti, 20 luglio 2024

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