Facciamo un esempio. Pensiamo alla società come un corpo umano; le cellule condividono e cooperano, nessuna vive isolata dalle altre. Le cellule hanno beneficiato dell’unione per formare tessuti ed organi, lo stesso vale per gli esseri umani che si uniscono al fine di generare nuove vite. Ma oggi ci troviamo davanti ad un paradosso, dove viene imposta la distanza e la separazione tra le persone per “tutelare la vita”. Seguendo sempre l’analogia descritta in precedenza, così come un corpo umano quando è ammalato si riposa ed attiva per un periodo di tempo limitato delle speciali difese, anche la società che si trova nello stato d’emergenza mette in essere regole speciali per un determinato periodo.
Lo stato d’emergenza sia per il corpo umano che per la società dunque è soggetta ad un inizio ed una fine programmata. In particolare per la società, un decreto legislativo del 2008, il numero 1, che disciplina il Codice della Protezione Civile, su questo punto parla chiaro: all’articolo 23, comma 3, precisa che «la durata dello stato di emergenza di rilievo nazionale non può superare i 12 mesi, ed è prorogabile per non più di ulteriori 12 mesi». Superata questa soglia, come ha evidenziato anche il filosofo Massimo Cacciari, è necessario iniziare a parlare di “stato d’eccezione”.
Carlo Toto, 5 novembre 2021