Dopo il green pass, una nuova tecnologia per il controllo della popolazione sarà in azione. Secondo quanto riportato dal Corriere del Veneto, nelle due piazze principali del centro (piazza Bra e piazza Erbe) sono stati installati dei «sensori» in grado di registrare all’istante quanti telefonini (o tablet) siano presenti in quel punto, e quanti di essi siano in movimento da una piazza e l’altra attraversando la centralissima via Mazzini.
In questo modo, minuto per minuto, il Comune può decidere eventuali provvedimenti per esempio, come già accaduto, il senso unico pedonale per via Mazzini, o lo stop alle auto su corso Porta Nuova oppure, misura estrema ma già adottata in passato, lo stop alle auto sui ponti di accesso al centro. Il sistema non è costato nulla al Comune, ha spiegato il sindaco, Federico Sboarina, grazie ad un accordo internazionale con partner del settore. I sensori sono già attivabili e saranno sicuramente usati nei prossimi fine settimana veronesi (con Fieracavalli per due weekend, e poi con una maratona, i mercatini natalizi, il ponte dell’8 dicembre, Santa Lucia, Natale, Capodanno ed Epifania).
In nome della sicurezza e della tutela della salute pubblica, lentamente sono state introdotte misure restrittive e tecnologie di controllo sempre più pervasive nella società. Anche se durante una pandemia l’introduzione di regole rigide, combinate all’uso di strumenti sofisticati per tracciamento e controllo dei cittadini potrebbero in parte aiutare a contenere la diffusione del contagio, non è possibile ignorare gli effetti collaterali che si riversano nel tessuto sociale causate da tali attività. Secondo il sociologo Zygmunt Bauman, i vari meccanismi di controllo, sono tra i responsabili maggiori del passaggio da una realtà comunitaria, ad una artificiale, innaturale, vuota. Da un punto di vista filosofico, la convivenza serena è il modo più sano e naturale di vivere.
Facciamo un esempio. Pensiamo alla società come un corpo umano; le cellule condividono e cooperano, nessuna vive isolata dalle altre. Le cellule hanno beneficiato dell’unione per formare tessuti ed organi, lo stesso vale per gli esseri umani che si uniscono al fine di generare nuove vite. Ma oggi ci troviamo davanti ad un paradosso, dove viene imposta la distanza e la separazione tra le persone per “tutelare la vita”. Seguendo sempre l’analogia descritta in precedenza, così come un corpo umano quando è ammalato si riposa ed attiva per un periodo di tempo limitato delle speciali difese, anche la società che si trova nello stato d’emergenza mette in essere regole speciali per un determinato periodo.
Lo stato d’emergenza sia per il corpo umano che per la società dunque è soggetta ad un inizio ed una fine programmata. In particolare per la società, un decreto legislativo del 2008, il numero 1, che disciplina il Codice della Protezione Civile, su questo punto parla chiaro: all’articolo 23, comma 3, precisa che «la durata dello stato di emergenza di rilievo nazionale non può superare i 12 mesi, ed è prorogabile per non più di ulteriori 12 mesi». Superata questa soglia, come ha evidenziato anche il filosofo Massimo Cacciari, è necessario iniziare a parlare di “stato d’eccezione”.
Carlo Toto, 5 novembre 2021