A proposito, si inizia con i fragili da settembre, per poi arrivare probabilmente a tutti gli altri, nonostante l’Agenzia europea del farmaco consideri la terza somministrazione universale «non urgente».
«In caso di approvazione, la somministrazione della terza dose smentirebbe il racconto che ci hanno fatto finora sull’efficacia salvifica del vaccino».
Saresti contrario?
«Io non sono né favorevole né contrario. Se approvi una terza dose, significa che due non bastano. E chissà, un giorno approveranno la quarta e poi la quinta: diventerà un vaccino influenzale, che è la fine probabile che faremo».
Nel corso della conferenza stampa sulla ripresa, Mario Draghi ha blindato il ministro dell’Interno, Luciana Lamorgese. Te l’aspettavi?
«Draghi ha fatto benissimo a difendere la Lamorgese. Un presidente del Consiglio difende i suoi ministri; se non lo fa, significa che vuole farli fuori».
Qualcuno, nella maggioranza, ci avrebbe fatto più di un pensiero dopo il pasticcio del rave illegale in provincia di Viterbo e l’emergenza sbarchi che non sembra avere fine.
«Durante il mandato di un ministro si possono commettere degli errori. Quel che conta è riuscire a trovare delle soluzioni. La Lamorgese è imbrigliata nel caos immigrazione perché continua a sperare in una soluzione europea che non c’è e che non potrà mai esserci. Da ottima funzionaria di Stato, ha pensato che la soluzione all’immigrazione incontrollata potesse prendere una dimensione europea, ma non possiamo più permetterci di aspettare “Godot Europa”».
Giorgia Meloni lavora a una mozione di sfiducia nei confronti del ministro: una mossa per mettere in difficoltà gli alleati del centrodestra, come sostiene qualcuno?
«Credo che le mozioni nei confronti dei singoli ministri siano mere operazioni di marketing politico, nulla di più».
L’ipotesi spaccatura nella coalizione, insomma, non è sul tavolo?
«Tutti i sondaggi, la scomparsa di un interlocutore come il Movimento 5 stelle e la debolezza del Pd e del suo segretario, Enrico Letta, sono indizi chiari: è molto difficile che il centrodestra non vinca le elezioni nel giro di due anni. Sarebbe un crimine pensare di dividersi: una eventuale scissione segnerebbe la morte del centrodestra per i prossimi decenni».
Antonio Di Francesco, La Verità, 6 settembre 2021