Quello che sta avvenendo in questo paese non è normale. E non è una frase fatta, non si vuole qui fare del becero sensazionalismo o trovare un nemico a tutti i costi. Purtroppo è l’amara realtà che ci porta ogni giorno a darvi conto di fatti, vicende e aneddoti ai confini dell’immaginazione.
Anche ieri sera, mentre stavamo guardando “Non è l’Arena”, la trasmissione di La7 condotta da Massimo Giletti, ad un certo punto siamo saltati in piedi sul divano. Ma, altro che Guido Meda quando si esalta nel commentare le gare del MotoGP. Siamo dovuti andare subito a risentire le parole pronunciate da Pregliasco per vedere se avevamo capito bene.
Purtroppo, ne abbiamo avuta quasi subito la tragica conferma. Magari anche ai più attenti di voi non sarà sfuggito questo dettaglio, ma proponiamo qui sotto il pezzo di trasmissione incriminato in modo che anche chi non avesse visto la puntata di ieri possa farsi un’idea della gravità delle parole pronunciate dal virologo.
Fate attenzione, perché c’è una sovrapposizione di voci in quel momento. Ma al termine del bel monologo di Sgarbi che difende l’amico medico, si sentono distintamente queste parole riferite alla “paura”. Paura menzionata dal critico d’arte che sta accusando Pregliasco di averla diffusa nella società.
Al che il virologo dice testuale: “Ci voleva, era necessaria. È una malattia pericolosa”.
Capito? “La paura del Covid ci voleva, era necessaria”. Ci saremmo aspettati che il ricercatore ribattesse a Sgarbi allontanando da lui questa infamante accusa. Magari anche in modo veemente. E invece no. Pregliasco conferma in toto di la tesi del suo accusatore e anzi la rivendica come del tutto legittima e necessaria.
Al netto della gravità inaudita di queste affermazioni, ciò che però sorprende di più è proprio la sincerità di Pregliasco. Ma con quale coraggio ci si può presentare in tv e dire a tutta Italia che si è distribuita paura perché ci voleva ed era necessaria? E poi, necessaria per cosa? Solo per salvare vite o anche per altro?
Nel sentire queste parole si prova un misto di tristezza e rabbia. Tristezza per la nostra misera condizione di cittadini trattati da sudditi, proprio come le pecore che per non uscire dai ranghi devono essere minacciate da cani rabbiosi che le spaventano. E rabbia, tanta, perché non hanno nemmeno più la decenza di nasconderlo. Sì, ce lo dicono chiaro e tondo in faccia. Cornuti e poi mazziati addirittura in diretta tv.
A questo punto la domanda è una: ma gli italiani quando la smetteranno di avere paura? Perché è proprio da questa consapevolezza che dipende la libertà di tutti noi.