Il 20 marzo del 2023 così titolava la Repubblica: “È Covid ma sembra influenza, così il virus diventa endemico”. Ciò in relazione a quanto affermato in quel periodo dall’Organizzazione mondiale della sanità, ovvero che il Sars-Cov-2 oramai si era stabilmente installato, al pari di tanti altri virus, nella comunità umana.
Eppure, il 28 giugno del 2024 lo stesso quotidiano, membro autorevole del giornale unico del virus, sembra voler tornare indietro nel tempo e titola: “Covid, l’ondata estiva è iniziata: +20% di casi a settimana. L’allerta: ‘Autunno preoccupante'”. Si tratta evidentemente di una poderosa ventata di nostalgia canaglia per i bei tempi che furono, visto che molti altri organi dell’informazione hanno seguito a ruota.
Tutto questo, poi, appare piuttosto inspiegabile, dal momento che tra i comuni cittadini non si avverte la benché minima attenzione per una problematica ansiogena, quella del Covid, che ci siamo fortunatamente messi dietro le spalle da un bel pezzo. Eppure basta leggere altri titoli per comprendere l’attuale scollamento che c’è tra buona parte dell’informazione e la percezione del cosiddetto uomo della strada.
1. Virgilio notizie: “Casi Covid aumentati in una settimana, è iniziata l’ondata estiva? L’allerta degli esperti sui sintomi”.
2. Il Messaggero: “Covid, aumentano i contagi (soprattutto nel Lazio): quali sono i sintomi, come e quando fare il test. Cosa dicono gli esperti”.
3. Adnkronos: “Covid Italia oggi, bollettino ultima settimana: 2.085 casi e 14 morti. Contagi in aumento”.
4. Rai News 24: “Il Covid non si ferma con il caldo, arriva l’ondata estiva”.
5. Il Gazzettino: “Covid, l’ondata estiva è iniziata. Pregliasco: ‘Più contagi con le nuove varianti, possibile effetto Europei‘.
Ora, senza continuare nel triste elenco di una stampa che dimostra di non volersi proprio staccare dal tema della paura virale, ci sono alcune considerazioni che chiunque abbia approfondito la questione sarebbe in grado di esprimere. Innanzitutto, data l’estrema esiguità dei tamponi che ancora si eseguono in Italia – senza contare la loro scarsa attendibilità, come più volte sostenuto dall’esperto in materia Mariano Bizzari -, unita al fatto che, come stabilito dall’Oms, il Coronavirus risulta da molto tempo ubiquitario, i dati citati dalla stessa stampa nazionale non hanno alcun senso reale.
Così come d’altronde accaduto durante l’epoca buia delle restrizioni liberticide, andando a cercare con il classico lanternino il “diabolico” agente patogeno soprattutto tra chi soffre di altre e ben più gravi patologia, c’è il caso che lo si possa incidentalmente trovare. Ma ciò non significa affatto che esso rappresenti per il suo portatore, ammesso e spesso non concesso che il tampone dica il vero, un rischio concreto. Eppure, come dimostrano i summenzionati titoli, a quasi 5 anni di distanza dalla follia emergenziale, ancora oggi molti giornali riciclano artatamente il termine “casi”, cercando di indurre chi legge a confondere il contagio, diffusissimo in ogni ambito, con la malattia grave e l’eventuale morte.
D’altro canto, per un sistema dell’informazione che sembra sempre più specializzato nel raccontare il nulla, infarcendolo di dettagli del tutto suggestivi (emblematico l’allarmismo degli ultimi mesi nei riguardi di una svolta autoritaria che non sta né in cielo e né in terra), il tema infinito del Covid rappresenta una sorta di palestra per preparare le nuove leve alle prossime, eventuali emergenze altrettanto basate sul nulla o quasi. O tempora o mores.
Claudio Romiti, 30 giugno 2024
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