Craxi tra menzogne e falsi miti

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Craxi

Da Sigonella ad Hammamet, passando per Roma, Milano, Washington e Mosca. È un viaggio nella storia lungo quindici anni quello compiuto da Salvatore Di Bartolo nel tentativo di ricostruire le vicende pubbliche e private dell’ex segretario del Psi Bettino Craxi, a un quarto di secolo dalla sua scomparsa (Sigonella-Hammamet. L’affaire Craxi: tra menzogne, verità e falsi miti, La Bussola, pag. 128, euro 15).

Di Bartolo intende guardare agli eventi che segnarono l’esperienza politica ed umana del leader socialista con sguardo originale, al fine di offrire al lettore una prospettiva diversa da quella in voga nell’ultimo trentennio, e smontare quella fuorviante narrazione fatta da quelli che l’autore definisce «i sacerdoti della falsa rivoluzione». La finta rivoluzione a cui Salvatore Di Bartolo fa riferimento, altro non è che il golpe giustizialista che trent’anni or sono decapitò violentemente la Prima Repubblica. Un autentico colpo di mano con i pm innalzati per la causa al rango di veri e propri eroi, cinicamente utilizzati per eliminare per via giudiziaria i protagonisti dell’Italia primo-repubblicana, e spianare la strada all’ascesa dei post-comunisti, furbescamente riciclatisi nel nascente Pds.

Occorreva individuare un capro espiatorio, un nemico da abbattere per regalare al cittadino l’illusione di aver debellato per sempre dal Paese l’immoralità e il malaffare. La scelta ricadde su Craxi. D’altra parte, gli eredi di quel Pci che nel corso degli anni si era finanziato illecitamente almeno quanto gli altri partiti (attingendo peraltro a fiumi di denaro provenienti da Mosca), furono eretti dal circo mediatico manipulitista a fulgido esempio di virtù e integrità morale, a uomini nuovi (sebbene tali non fossero) da premiare perché disposti ad assecondare il perverso disegno golpista. Da lì, da quella cruenta stagione che fu Tangentopoli, trae origine quella deriva manettara che ancora oggi la fa da padrone. E sempre da lì discende la subalternità della politica al potere giudiziario, e la rinuncia alla tutela di quella sovranità nazionale che Craxi aveva saputo difendere a Sigonella.

Ma l’importanza storica della figura di Bettino Craxi, fa notare l’autore, va ben oltre Sigonella. Nel corso della sua segreteria socialista, Craxi ebbe il coraggio e la lungimiranza di affrancare il suo Psi dal regime sovietico, di mettere in discussione l’egemonia dei comunisti del Pci nell’ambito della sinistra italiana, e di teorizzare il superamento del marxismo. Secondo Di Bartolo la sua cultura «liberale» e la sua prospettiva pacifista lo portarono inoltre a sostenere (anche finanziariamente) le cause di libertà e democrazia dei dissidenti di mezzo mondo, e a promuovere una politica estera fondata sulla mediazione e sul dialogo continuo con il mondo arabo.

Al Craxi presidente del Consiglio va inoltre riconosciuto il grande merito di aver rilanciato l’economia italiana. Il resto, lo trovate nel libro di Salvatore Di Bartolo, il quale, compiendo uno sforzo non banale, ha saputo coraggiosamente riscrivere alcune tra le pagine più controverse della recente storia repubblicana.

Nicola Porro per Il Giornale 8 dicembre 2024

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