Il volto di Beppe Severgnini inizia a mostrarsi infastidito non appena Andrea Crisanti, considerato sino a ieri un oracolo in tema di coronavirus e affini, esterna in diretta tv tutti suoi dubbi sull’opportunità di aprire la campagna vaccinale ai bambini tra i 5 e i 12 anni. Il microbiologo lo aveva già fatto presente nelle scorse ore, mentre i media tutti in coro unanime esultavano all’autorizzazione rilasciata dall’Ema per il prodotto di Pfizer. “Non credo che i dati a disposizione siano sufficienti per giustificare questa decisione – aveva spiegato Crisanti – Avrei aspettato un pò. Lo studio in questione riguarda 3mila bambini”. Un po’ la stessa tesi di Maria Rita Gismondo e Francesco Vaia. Principio ripetuto da Crisanti ieri sera durante Otto e Mezzo, quando Lilli Gruber gli fa notare che l’Fda americana e l’ente regolatore hanno già dato il “la” alla vaccinazione dei pargoli: “Non è una questione di pazzia – dice lui – Questa è l’opinione di un gruppo di esperti che ha utilizzato dei dati che in altre circostanze non avrebbe utilizzato”.
Per quanto la conduttrice e i suoi ospiti cerchino di buttarla nella solita contrapposizione tra santi vaccinisti e diavoli no vax, il microbiologo spiega precisamente la sua posizione in merito. Vaccinare i bambini magari un giorno sarà anche fattibile (“Io sono favorevole”, dice), però al momento non si hanno ancora basi numeriche solide per potersi dire certi (come fatto notare nella Zuppa di ieri) che i benefici superino i rischi. Poco importa se l’Fda, l’ente israeliano e l’Ema hanno emesso la loro sentenza positiva. “Lo studio su cui si basano queste autorizzazioni – spiega Crisanti – ha dei problemi”.
Di cosa si tratta? Per Crisanti la sperimentazione è stata fatta su troppi pochi casi, appena 3mila, di cui la metà trattati con placebo. Ed è inutile mostrarsi ideologici al solo scopo di combattere presunti complottismi anti-vaccinisti. “Astrazeneca – fa notare il microbiologo – è stato approvato con un numero di casi che non permetteva di catturare la complicazione che poi ha portato alla sospensione”. Dunque: calma e sangue freddo, perché qui stiamo parlando di minorenni che col covid rischiano poco o nulla. Esporli a rischi, o anche solo al dubbio che vi possano essere conseguenze, è una scelta che va fatta con accurata riflessione. E senza tifoserie pro vax.
L’intervento di Crisanti ha però fatto drizzare il ciuffo a Beppe Severgnini, al quale va bene se il professore parla della variante Omicron (“ce l’ha spiegata benissimo”), ma s’arrabbia se lo stesso microbiologo esprime la sua opinione (non allineata al verbo vaccinale) sul siero agli under 12. “Se io mi mettessi a discutere con lei su chi ha ragione sul vaccino ai bambini, sarei ridicolo perché mi improvviserei scienziato e non lo sono – dice il giornalista – Però alcuni di voi si improvvisano comunicatori. Questi discorsi, dire ‘attenzione per i bambini troppi pochi casi’, finisce che la gente già in paranoia va ancor più in paranoia. Ci sono i convegni e i congressi per fare questo… Se voi queste cose le ripetete in prima serata, la gente si spaventa e non capisce più niente”.
Bene. Bravo. Applausi. Però ci scusi, Severgnini: i televirologi vanno bene in tv solo se dicono quello che piace a voi? O quello che fa comodo al governo, all’Aifa e al ministro Speranza? Vanno invece banditi dal piccolo schermo se si permettono di alzare il ditino e dire “ehm, scusate, ma forse i dati per cui state esultando non sono così solidi”? No, perché noi possiamo anche essere d’accordo sul togliere il microfono alle star scientifiche che imperversano nei salotti tv. Però allora va tolto a tutti. Non solo a chi pone dei dubbi, legittimi, sul vaccino ai bimbi.