Questa settimana rischia di essere ricordata come la peggiore dal punto di vista borsistico dal 2008. In poche sedute il listino che contiene le 500 imprese americane più importanti ha perso più di tremila miliardi di dollari. Certo, partiva dai massimi di sempre, fatti registrare il 19 febbraio. Non si tratta solo di una questione puramente finanziaria. Due regine della tecnologia come Microsoft e Apple hanno dovuto rivedere le loro previsioni di crescita per la questione Virus. Ancora nessuno sa cosa possa succedere all’economia reale e al suo specchio finanziario, cioè la Borsa, nelle prossime settimane.
E per la verità è difficile, all’ora in cui scriviamo, prevedere con certezza financo come chiuderà questa sera il mercato più importante del mondo, lasciandoci con l’angoscia di un fine settimana in cui tremare per le riaperture di lunedì. Alcuni possono vedere ciò che sta succedendo come una salutare correzione di Borsa: si perde anche un bel po’ per poi ripartire. In fondo è ciò che avviene in ogni crisi finanziaria. La questione è proprio capire quanto dura. L’ultima grave crisi, considerata peggiore persino della depressione del ’29, nacque nel 2006, si sviluppò nel 2007, uccise Lehman Brothers nel settembre del 2008 e secondo il Fondo monetario internazionale bruciò 4.000 miliardi di valore delle banche. Siamo all’inizio di una crisi simile? Dal punto di vista dei mercati qualcuno potrebbe pensarlo.
Ieri, al contrario, la banca centrale americana ha fatto sapere che si sta esagerando. Il presidente americano Donald Trump, alla ricerca della sua rielezione, pure. Il rischio nel rischio è che a gestire, se mai dovesse realizzarsi, il disastro finanziario potrebbe essere l’anno prossimo un socialista come Berni Sanders, oggi considerato in pole position per la nomination democratica. Una candidatura che paradossalmente si rafforza allo scendere della Borsa americana. Ma vedete, tutto ciò che scriviamo è un’ipotesi, una congettura. Come abbiamo detto non sappiamo neanche come chiuderà tra poco Wall Street. Eppure c’è qualcuno che sa tutto. Sì, avete capito bene.
Dal 2008 in poi, dalla crisi dei subprime in avanti, tutte le autorità mondiali, in particolare europee, si sono messe a studiare regole e regolette per imbrigliare una nuova crisi finanziaria. Hanno reso impossibile fare banca, hanno distrutto le più piccole, hanno scritto regole minuziose e hanno sottratto una buona fetta di libertà al nostro sistema economico rendendo sempre più difficile prestare quattrini. Tutto perché in modo centralistico, burocratico e ideologico hanno pensato di insegnare prendendo spunto dai propri errori del passato. E oggi ci troviamo al punto di prima.
Con un cigno nero che gira per il mondo e che delle regole di Basilea, dei coefficienti patrimoniali, dei Cet e compagnia cantante se ne frega. Perché le crisi economiche hanno una sola caratteristica in comune: la loro imprevedibilità. L’unica ricetta contro di esse è sapere che raramente si ripetono uguali, e l’unico modo per affrontarle è aspettarsele ed essere il più solidi possibile affinché si possa recuperare. Gli scudi non si fanno con le regole che indeboliscono il paziente, ma con la libertà di muoversi il più velocemente possibile.
Nicola Porro, Il Giornale 29 febbraio 2020