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Crisi di governo: ma perché non ci lasciano votare?

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A furia di mosse del cavallo, Matteo Renzi, dal cavallo, ci è caduto. Con la crisi di governo è entrato in un vicolo cieco. Era sicuro di poter far fuori Giuseppe Conte: s’è fidato del terrore delle elezioni anticipate, che attanaglia mezzo Parlamento, e del Pd, che l’aveva mandato avanti, per poi abbandonarlo quando era all’angolo. Ora, se si accontenta di un rimpasto, perde l’ultimo residuo di faccia che gli era rimasto. Dovrebbe confidare in un governissimo. Ma se, come trapelava dagli ambienti dem ieri sera, fosse pronta una pattuglia di responsabili e il Conte bis dovesse restare in piedi senza di lui, salverebbe la dignità, restando tuttavia drammaticamente escluso dalla gestione della sua quota di miliardi europei. Hai voglia, poi, a prendere in giro il fantasma di Clemente Mastella…

Insomma, sembra che il senatore semplice sia finito fagocitato dal Golem che aveva creato con tanta spregiudicatezza: il governo Frankenstein della sinistra con i pentastellati. Un altro autoproclamato stratega, che pensava di potersi servire di Conte, è caduto nella rete non tanto dell’avvocato pugliese, quanto del Quirinale. Il Colle, infatti, vede ancora nel professore il collante dei giallorossi, ovvero il mezzo per arginare l’avanzata dei sovranisti. Ecco perché, finora, l’ha blindato.

Però, mentre gli esponenti dell’esecutivo trattano, mediano, si minacciano, il Paese rimane bloccato. È questa l’unica linea (sbilenca) del governo: chiudere. Chiudere, perché i commedianti di una compagnia così divisa e litigiosa, non appena tentano di organizzare un minimo di convivenza con il virus (vedi scuola e trasporti), iniziano a scannarsi su priorità e soluzioni. Molto meglio togliere le castagne dal fuoco, scaricando i costi del lockdown eterno su un elettorato – quello degli autonomi, degli esercenti, dei piccoli imprenditori – che già non votava i partiti dell’attuale maggioranza. E che, anzi, più viene vessato, più inizia a incazzarsi anche con il centrodestra, che percepisce incapace di difenderlo.

Dinanzi a questo spettacolo atroce, sorge spontanea una domanda: perché non possiamo votare? Perché non possiamo restituire la parola ai cittadini, affinché lo stallo politico lo risolvano loro? Mi rendo conto che i “competenti” grideranno, scandalizzati, al populismo. C’è la pandemia, c’è l’emergenza sanitaria, c’è la crisi economica: non si può mica tornare alle urne. Meglio logorarsi in oscene manovrine di palazzo.

Eppure, in altri Paesi hanno votato. E voteranno. Temiamo i mesi che ci separano dalla finestra utile per le elezioni? Bene: creiamo un governo a tempo. Temiamo i contagi? Bene: facciamo durare le consultazioni quattro giorni anziché due, contingentiamo gli arrivi in cabina, piazziamo i termoscanner, igienizziamo le matite copiative, teniamo aperte le finestre. Un modo per evitare un’ecatombe lo si troverà: sono seggi, mica il Billionaire.

I sondaggi, peraltro, indicano che dalle elezioni verrebbe fuori una maggioranza chiara. E questo consentirebbe di battezzare un governo solido, che anziché trascorrere il tempo a litigare, contrattare e pasticciare, potrebbe licenziare Domenico Arcuri, chiamare Guido Bertolaso e definire un protocollo per gestire una curva epidemiologica costante, garantendo al Paese una vita seminormale. Il che non significa dar fuoco alle mascherine, ma almeno non prendere in giro le categorie produttive, come stanno facendo questi irresponsabili poltronari.

Se poi, il problema, è proprio questo – cioè, che le elezioni le vincerebbe il centrodestra – il discorso cambia. Allora, lo ammettano candidamente: siccome, se votiamo, votiamo male, non ci consentono di farlo. Non so se a quel punto, a qualcuno, verrebbe voglia di indossare una pelle di orso e di occupare Montecitorio. Ma almeno, per una volta in questi lunghi mesi, chi ci governa ci avrebbe detto la verità.

Alessandro Rico, 13 gennaio 2021